Card. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della Messa, XXV-XXVII

CALICI DI ALTRA MATERIA

Card. Prospero LambertiniXXV. Scorrendo le storie della Chiesa, ritroviamo fatta menzione di calici d’altra materia, ed anche di più sorta di calici. Onorio Augustodunense al lib. 1 cap. 89 dice che gli apostoli celebrarono la Messa ne’ calici di legno: «Apostoli et eorum successores in quotidianis vestibus et ligneis calicibus missas celebrabant»; ed attribuisce a s. Zefirino papa e martire l’introduzione dei calici d’oro o d’argento: «Zephirinus autem papa et martyr in aureis, vel argenteis calicibus, et pannis offerri constituit». Circa i calici di legno è celebre il detto di s. Bonifacio vescovo di Magonza nel Concilio tiburiense sotto Formoso al cap. 18: «vasa in quibus sacrosancta conficiuntur mysteria, calices sunt et patenae, de quibus Bonifacius martyr et episcopus interrogatus, si liceret in vasculis ligneis sacramenta conficere, respondit: quondam sacerdotes aurei ligneis calicibus utebantur, nunc e contra lignei sacerdotes aureis utuntur calicibus». Non passa per sincero appresso tutti il supposto decreto di Zefirino; ma ciò che si può dire di sicuro si è, essere stati per molto tempo in uso anche i calici di vetro, ma che in quel tempo in cui erano in uso i detti calici, e nel tempo delle più fiere persecuzioni, non mancavano alla chiesa calici d’oro e d’argento.

XXVI. Quanto all’uso dei calici di vetro esso si comprova dal fatto di Marco eresiarca circa il tempo degli apostoli. Raccontano s. Ireneo al lib. 1 cap. 9, e s. Epifanio all’eresia 34, che il detto Marco per arte magica trasmutava in rosso il vin bianco quando era nel calice; il che dimostra che il calice era trasparente, epperò di vetro. Di vetro sembra che fosse quello rotto dai gentili, che colle orazioni rassestò e riunì s. Donato vescovo d’Arezzo, di cui favella s. Gregorio nel lib. 1 dei Dialoghi al cap. 7, e l’uso di questi calici di vetro durò in molti luoghi; onde s. Girolamo nclla lettera a Rustico parlando del santo vescovo di Tolosa Esuperio, così scrisse: «nihil illo ditius, qui corpus Domini canistro vimineo, sanguinem portat in vitro»; e nella Vita di s. Cesario vescovo arelatense, il quale fiorì nel fine del quinto e nel principio del sesto secolo, scritta da un certo Cipriano di Francia si legge «annon, inquit, in vitro habetur sanguis Christi?».

XXVII. Quanto poi al punto che anche ne’ tempi ne’ quali erano in uso i calici di vetro, e ne’ tempi delle persecuzioni non mancassero alla chiesa i calici d’oro e d’argento, lo dimostra il martirio di s. Lorenzo che patì nella persecuzione di Valeriano, lo dimostra l’empio detto di colui che spedito da Giuliano apostata saccheggiò la chiesa antiochena, che, come riferisce Teodoreto nel lib. 3 della Storia ecclesiastica al c. 8, avendo osservato essere i calici d’oro e d’argento, esclamò: «en eiusmodi vasis filio Mariae ministratur». Sopra ciò si possono leggere il cardinal Bona, Rer. liturg. al lib. 1 cap. 25, ed il Binghamo nel tom. 3 delle Antichità ecclesiastiche alla pag. 241.

Cfr. P. LAMBERTINI, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della Messa secondo l’ordine del Calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, pp. 22-24.

 

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