GIOVEDI’ DOPO LA III DOMENICA DI QUARESIMA Colletta a San Marco. Stazione ai Santi Cosma e Damiano.

Oggi il convegno è nella Marciana, che fulgida di ori e di preziosi marmi si erge presso quei famosi balnea pallacina ove, al dir di Cicerone, fu consumato l’assassinio di Sesto Roscio. Per noi Cristiani il Titolo è ben più importante, perché sotto il suo venerando altare si conservano i corpi dei martiri Abdon, Sennen ed Ermete, colà trasferiti da Gregorio IV.

La basilica stazionale deve la sua origine a papa Felice IV, che verso il 530 ridusse e trasformò ad uso ecclesiastico due antichi edifici – il templum Romuli e l’altro Sacrae Urbis coll’annesso archivio civico – sulla Sacra Via, e volle dedicati ai medici Anargiri Cosma e Damiano. Allora, in grazia dei Bizantini, il culto di questi due Martiri orientali era assai in voga, sicché il santuario divenne assai celebre, e i devoti vi riportavano ogni sorta di guarigioni e di grazie; tanto che la Chiesa si trovò nella necessità di dover quasi premunire i suoi figli contro l’illusione d’una pietà del tutto esteriore e materiale, senza l’intima conversione del cuore, che è la prima condizione perché l’anima si avvicini a Dio.

Nella domenica precedente, quasi nel bel mezzo della quaresima, i Greci celebravano un giorno di festa in onore della Croce, come una breve tregua nell’aspro cammino del digiuno. A Roma, dove i digiuni quaresimali cominciano una settimana dopo, questa solennità è rimandata alla seguente domenica; però ai tempi di Gregorio II, tanto per non privare totalmente i fedeli di quest’innocente soddisfazione nel bel mezzo della sacra quarantena, venne istituita l’odierna stazione ai martiri Cosma e Damiano. Essi sono medici «Anargiri» – di quella categoria cioè di santi medici bizantini che sprezzano il danaro e prestano gratis il loro servizio taumaturgo – e col rigore dell’antica penitenza quaresimale si comprende facilmente quanto fosse opportuno il ricorso a medici celesti.

La messa è stata adattata; essa si riferisce piuttosto all’anniversario del loro martirio e vi si parla troppo spesso di salute, di ammalati, di guarigioni per non ricordare la popolarità del culto che riscuotevano altra volta i Santi Anargiri.

Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 108-109.

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