Uscito “Comunione sulla mano. Documenti e storia” di mons. Rodolfo Laise

È uscito dall’editore Cantagalli di Siena il volume di mons. Juan Rodolfo Laise ofm cap dal titolo Comunione sulla mano. Documenti e storia (Siena, Cantagalli, 2016, pp. 192, ISBN 9788868792039), che contiene gli elementi relativi alla decisione – presa negli anni novanta – di non applicare l’indulto della Comunione in mano nella diocesi di San Luis. Riproduciamo qui l’introduzione scritta dall’Autore per la nuova edizione italiana. Per chiedere copie rivolgersi a segretarionaz@unavoceitalia.org

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA

Fino al 26 aprile 1996, l’Episcopato argentino era uno dei pochi nel mondo che rifiutava la pratica, introdotta alla fine degli anni ’60, di distribuire la santa Comunione sulla mano dei fedeli. Solo nel corso della 71ª Assemblea della Conferenza Episcopale Argentina, si ottennero i voti sufficienti per poter modificare questa situazione, voti che non si erano ottenuti nelle riunioni degli anni precedenti.

Il 19 giugno seguente, il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Argentina annunciò con la lettera protocollo N. 319/96, che aveva ricevuto in quello stesso giorno la risposta positiva di Roma alla richiesta. Il contenuto di questa lettera faceva comprendere che l’uso sollecitato e concesso si doveva applicare automaticamente e in maniera obbligatoria nell’insieme delle diocesi che compongono la Conferenza Episcopale. Diceva in effetti: “a riguardo, la Commissione Esecutiva della Conferenza Episcopale Argentina ha giudicato conveniente che sia il prossimo 15 agosto, festa dell’Assunzione della Vergine, la data per dare inizio a questa pratica in forma unanime in tutte le nostre diocesi e prelature … Pertanto il sig. Presidente della Conferenza Episcopale Argentina comunica che il decreto che autorizza questo modo di distribuire la Comunione sulla mano andrà in vigore a partire dal 15 agosto prossimo”.

Questa lettera fu l’unica notifica che i vescovi ricevettero. Mi sorprese il fatto di non aver ricevuto il testo stesso del Decreto della Congregazione per il Culto Divino, per questa ragione lo richiesi alla AICA (Agenzia Informativa Cattolica dell’Argentina), però nemmeno l’agenzia d’informazione dell’Episcopato aveva ricevuto altro in più della lettera del Segretario della Conferenza Episcopale.

Solo dopo ripetute sollecitazioni presso diversi organi ufficiali riuscii finalmente ad ottenere, in maniera informale, un fax con il testo di tale Decreto. Questo mi mostrò una realtà ben distinta da quella che fino a quel momento appariva; questa nuova disposizione non s’introduceva come tale, ma ad normam dell’Istruzione sul modo di amministrazione della santa Comunione, conosciuta anche con il nome di Memoriale Domini.

Consultai allora quest’Istruzione negli Acta Apostolicae Sedis, dove costatai che, quando la Congregazione decideva di concedere l’indulto, la “lettera pastorale“ rimaneva indissolubilmente unita all’Istruzione, poiché era proprio in essa che veniva richiamata la concessione. Costatai anche che questi documenti indicavano chiaramente che la proibizione di dare la Comunione sulla mano doveva essere conservata universalmente, però che, là (e solo là) dove l’uso già era stato introdotto abusivamente e si era radicato, “[il Santo Padre] … concede che … ogni Vescovo, secondo la sua prudenza e la sua coscienza, possa autorizzare nella sua diocesi l’introduzione del nuovo rito, per distribuire la Comunione”. Avvertendo allora che spettava a me prendere la decisione finale e che questa comprometteva la mia coscienza, considerai che era necessario uno studio approfondito della questione, e più concretamente dello strumento canonico che la determinava e del contesto storico nel quale fu redatta.

Giunsi così alla conclusione che questa nuova pratica non era stata voluta dalla Santa Sede, e nemmeno faceva parte della riforma liturgica, ma che fu tollerata semplicemente mediante un indulto concesso come conseguenza della pressione insistente e tenace di alcune conferenze episcopali (soprattutto di paesi con grande presenza protestante) e dopo l’introduzione della pratica in maniera completamente abusiva, alla quale sembrava impossibile resistere malgrado le denunce e proibizioni di Roma. Comprovai anche accuratamente che non esisteva nessun documento della Santa Sede, posteriore alla Memoriale Domini, nel quale la possibilità d’introduzione di questa forma di Comunione fosse stata ampliata.

Fin dall’inizio sacerdoti e fedeli mi chiesero che questa disposizione non si applicasse nella diocesi di San Luis. Convocai per il giorno 8 agosto, ovvero alcuni giorni prima della data fissata dal presidente della Conferenza Episcopale per la sua entrata in vigore, una riunione di presbiterio nella quale presentai ai sacerdoti contemporaneamente il decreto di Roma e il contenuto dell’Istruzione Memoriale Domini. Unanimemente convennero che, per il bene dei fedeli, si doveva mantenere la Comunione nella bocca, disciplina confermata dal Papa, e affermarono che nella diocesi non c’erano casi di abuso che giustificassero neppure la considerazione dell’applicazione dell’indulto per comunicare sulla mano.

La conseguenza di questa riunione fu il decreto diocesano per il quale decisi di farmi eco della sollecitudine del Papa e di sottomettermi puntualmente alla legge vigente mantenendo la proibizione della Comunione sulla mano.

Tuttavia, una questione rimaneva senza risposta: come poteva essere che, essendo la Memoriale Domini l’unica legislazione vigente, tutti avessero adottato la pratica della Comunione sulla mano come se fosse una semplice opzione proposta, e perfino raccomandata, dalla Chiesa?

Il desiderio di trovare una spiegazione a questo e allo stesso tempo di difendere la mia decisione, molto contrastata da alcuni settori ecclesiastici argentini anche in modo pubblico via mezzi di comunicazione, m’indisse a stimolare un’indagine più profonda circa la storia di quest’uso. I risultati di questa indagine costituiscono il contenuto di quest’opera. Desidero approfittare dell’occasione per rinnovare la mia gratitudine per il lavoro svolto dal padre Gabriel Diaz Patri, che con dedizione e spirito di ricerca scientifica ha indagato su tutto ciò che era necessario per dare una visione oggettiva su questo argomento di tanta importanza.

* * *

Quasi vent’anni dopo la decisione della Conferenza Episcopale Argentina, la pubblicazione di questa edizione italiana dimostra ancora una volta, dopo quattro edizioni in spagnolo, due francesi, una polacca e tre inglesi, che, molto al di là delle circostanze vincolate al tempo e al luogo che suscitarono questo studio, ci sono aspetti permanenti che possono tuttora interessare il lettore, e fornire: a) l’accesso alla legislazione autentica relativa a questa materia, assolutamente sconosciuta tra i fedeli e anche da parte di numerosi pastori; b) la situazione storica nella quale questa legislazione si realizzò, così come la riflessione sulle implicazioni di questa materia in relazione alla pietà eucaristica, la relazione del vescovo con la Conferenza Episcopale e la sua indipendenza di fronte a questa in ciò che riguarda il governo della diocesi; c) degli spunti per intuire le drammatiche conseguenze che la pratica della Comunione sulla mano può avere sulla fede nella presenza reale e la pietà eucaristica; d) degli elementi sulla relazione fra il vescovo e la sua Conferenza Episcopale e la sua indipendenza nei confronti di essa in merito al suo governo della diocesi; e) una riflessione sul funzionamento di alcuni “meccanismi di pressione” all’interno della Chiesa, capaci d’invertire una decisione papale, che riflettono una maniera di agire che fu ed è ancora utilizzata in altri domini.

Al testo originale di questo lavoro abbiamo aggiunto una nuova appendice. Potrà sorprendere che in un libro sulla Comunione nella mano parliamo della Comunione “spirituale” o “di desiderio” poiché in questa, per il suo carattere stesso, non intervengono né le mani né la bocca, associate esclusivamente, com’è ovvio, alla Comunione sacramentale. Ma siccome ultimamente si è parlato molto di questa forma di Comunione nel contesto delle discussioni sulla possibilità di dare la Comunione a persone che non sono disposte ad abbandonare una situazione oggettiva di peccato, vorremmo fare alcune riflessioni al riguardo, dato che, se già ci preoccupava – per considerarla nociva per la vita spirituale – la mancanza di riverenza corporale al ricevere il Sacramento, quanto più lo farà la pretesa di amministrarlo senza che si diano le dovute disposizioni dell’anima. Le cose dette negli ultimi mesi non fanno altro che dimostrare che i timori specchiati in questo libro, e che abbiamo reiterato parecchie volte durante questi anni, circa le conseguenze della mancanza di delicatezza e riverenza nella ricezione dell’Eucaristia, erano pienamente fondati; d’altra parte vediamo anche che certi metodi di deformare i fatti per riuscire ad ogni costo ad imporre posizioni di gruppi minoritari non hanno neanche perso attualità.

San Giovanni Rotondo, 24 maggio 2015

Juan Rodolfo Laise
Vescovo emerito di San Luis, Argentina

Cfr. it.paixliturgique lettera 77

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