Card. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della Messa, LXXXIII-LXXXVI

Finita la recitazione del salmo Judica me Deus

Card. Prospero LambertiniLXXXIII. Finita la recitazione del salmo Judica me Deus, e recitato il Gloria Patri, e premesso dal sacerdote il versetto del salmo 123: «adiutorium nostrum in nomine Domini» e dopo aver il ministro risposto «qui fecit coelum et terram» si recita dal sacerdote il confiteor, dal ministro si invoca sopra d’esso la misericordia divina; e dopo d’avere il sacerdote risposto colla parola amen, si recita dal ministro il confiteor, dopo cui il sacerdote prega pel popolo coll’orazione misereatur vestri invocando tanto a sé, quanto al popolo la divina indulgenza con quell’altre parole «indulgentiam, absolutionem etc.». E nel confiteor profferendosi le parole «mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa» si batte col pugno dal sacerdote il proprio petto; e lo stesso ancora fa il ministro recitando pure il confiteor, quando arriva alle dette parole.

LXXXIV. Si recita dal sacerdote e dal ministro il confiteor e l’orazione misereatur, confidando tanto il sacerdote, quanto il ministro o sia il popolo per cui parla il ministro con questa vicendevole confessione e vicendevole orazione di ricevere da Dio la remissione de’ peccati leggieri per offerirgli con mente più pura il sacrifizio: «confitemini alterutrum peccata vestra et orate pro invicem, ut salvemini; multum enim valet deprecatio iusti assidua»; sono parole di s. Giacomo nel cap. 5 della sua lettera al vers. 16. Ed il battersi il petto è segno della contrizione, segno ricavato dal publicano, che confessando i propri peccati e percuotendo il proprio petto ne ottenne dal Signore il perdono: «Et publicanus a longe stans, nolebat nec oculos ad coelum levare; sed percutiebat pectus suum dicens: Deus propitius esto mihi peccatori»; sono parole di s. Luca al cap. 18 verso 13.

LXXXV. Stando anche il sacerdote fuori della predella e degli scalini dell’altare, e recitata, come si è veduto, la confessione col ministro, recita alcune altre preghiere prese dalle divine scritture, nelle quali domanda al Signore il perdono dei peccati. e chiede la purità della mente e del cuore, necessaria per celebrare santamente il sacrosanto sacrificio della Messa; a cui pure risponde il ministro. Fra le orazioni che ora si recitano, vi è quella che anche più volte si ripete nel decorso della Messa Dominus vobiscum, ricavata dal libro di Ruth 11 4: «Et ecce ipse veniebat de Bethlehem, dixitque messoribus: Dominus vobiscum; qui responderunt ei: benedicat tibi Dominus»; e vi è la risposta che si dà dal ministro: «et cum spiritu tuo» che pure si ripete ogni volta che nel decorso della Messa si dice dal sacerdote Dominus vobiscum: «Gratia Domini nostri Jesu Christi cum spiritu vestro, fratres, amen» sono parole di s. Paolo ad Galatas 6, 18.

LXXXVI. Finalmente dopo avere il sacerdote eccitato sé e gli altri ad orare dicendo la parola Oremus, sale sulla predella dell’altare, e salendola recita l’orazione aufer a nobis, alla quale sussiegue l’altra Oramus te, Domine, per merita sanctorum baciando per la prima volta l’altare; il che fa ancora altre volte nel decorso della Messa; essendo il bacio una specie di saluto, come anche ben riflette il Pouget nel luogo citato alla pag. 827 ove proposta l’interrogazione: «cur sacerdos accedens ad altare, hoc osculatur idemque facit quoties ab eo recedit?» responde: «hoc salutationis genus est. Osculantur sacerdos altare qui typus est Christi, eoque osculo profitetur adhaerere se Christo, cui sicut membra capiti, connexi sunt sancti, quorum reliquiae ibi servantur»; non potendosi dire la messa che nell’altare consagrato, o almeno ove è la pietra sacra, giacché non si fa consagrazione dell’altare o della pietra senza collocarvi le reliquie de’ santi; onde s. Ambrogio nell’epist. 54 a Marcellina sorella scrisse: «cum basilicam dedicare vellem, mihi tamquam uno ore interpellare coeperunt dicentes: Sicut in romana, sic basilicam dedices. Respondi; faciam si martyrum reliquias invenero», ed avendo ritrovati i corpi de’ ss. Gervasio e Protasio, dedicò la basilica secondo il costume romano.

da P. LAMBERTINI, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della Messa secondo l’ordine del Calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, pp. 67-69.

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