Pietro Siffrin, Stola

STOLA (più anticamente orarium). – E’ una insegna liturgica, comune ai diaconi, ai sacerdoti e ai vescovi, ma diversamente portata: dai diaconi sulla spalla sinistra a tracolla e annodata sotto il braccio destro, dai sacerdoti pendente dal collo e incrociata sul petto se sopra il camice o semplicemente pendente con i due lembi paralleli; dai vescovi i quali mai la incrociano perché già portano la croce pettorale. Al diacono e al sacerdote vien consegnata nella ordinazione.

E’ una striscia di seta lunga cm. 200-250, larga cm. 8-10; quella che si porta con la pianeta ha una croce, in mezzo e in fondo a ciascun lembo (sec. xvi), quella che si usa sopra la cotta spesso è più ornata e più ricca. Segue le regole dei colori liturgici.

La stola si trova in Oriente fin dal sec. iv come insegna del clero di grado minore (Concilio di Laodicea), con la distinzione: il diacono porta la stola detta «orario» sulla spalla sinistra visibile (non sotto la veste superiore) e svolazzante, il sacerdote invece porta quella detta «epitrakelion» pendente dal collo. I gradi superiori portano il pallio. Tutte e due le insegne sono della stessa origine, non di istituzione ecclesiastica, ma di privilegio imperiale; il pallio fatto di lana, la stola di lino o seta. Nell’Occidente, fuori di Roma, nella Spagna, la stola è propria dei vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi. I diaconi la portano sulla spalla sinistra pendente davanti e di dietro sopra la dalmatica, sempre di colore bianco in tela o lana; dal sec. xii a tracolla e a sciarpa e dal sec. xv di colore della dalmatica e sotto di essa.

Nel rito ambrosiano anche oggi sopra la dalmatica. I preti della Spagna la portavano attorno al collo come i vescovi, ma fin dal Concilio di Praga del 675 incrociata sul petto; questo modo s’introduce dappertutto dal sec. xiv e venne prescritto per i preti dal messale pianum. In Gallia si trova la stola come insegna
dei vescovi, detta «pallio» da pseudo Germano; la stola diaconale si portava sul camice; la stola sacerdotale è nel sec. ix così propria dei preti che la portavano anche nei viaggi. A Roma invece non era un’insegna speciale e la portavano
anche i suddiaconi e gli accoliti sotto la pianeta; si diceva «orario» ed era più che altro un’insegna distintiva del clero dai laici.

Verso il sec. x, quando il suddiacono e l’accolito non portano più la pianeta, la stola diviene insegna propria del diacono, del prete e del vescovo. E da questo tempo l’uso e il significato della stola è uniforme nell’Occidente.

L’origine della stola e del nome è ancora oscura. Il nome di orarium (lat. os = bocca, volto) proviene dal latino, mentre la voce «stola» deriva dal greco. Il Wilpert fa derivare la voce orarium dei diaconi dalla mappa usata nel servire a tavola, portata sulla spalla sinistra; i diaconi erano ministri alla tavola eucaristica e agapica.

I ministri dei sacrifici pagani come gli inservienti a tavola erano provvisti di una tale mappula. Questa mappula diviene, mediante la contabulatio, una striscia o fascia. L’orario sacerdotale, un vero orario o sudario da proteggere il volto dal freddo nell’inverno, dal sudore nell’estate, anch’essa passa dalla forma contabulata a quella d’una striscia. Ma tutte queste spiegazioni ne lasciano l’origine oscura, e si preferisce la derivazione di L. Duchesne da un’insegna imperiale, come recentemente ha sostenuto Klauser. La voce «stola» proviene
dalla denominazione usata in Gallia e derivata dal greco per designare non una veste femminile, ma una veste distintiva in senso scritturale (Apoc. 6, 11; 7, 9, 14).

Bibl.: J. Braun, Die liturgische Gewandung, Friburgo, 1907, pp. 562-620; id., I paramenti sacri, loro uso, storia e simbolismo, trad. it., Torino, 1914, pp. 121-29; L. Duchesne, Les origines du culte chrétien, Parigi, 1925, pp. 410, 415; M. Righetti, Manuale di storia liturgica, I, Milano, 1950², pp. 520-24; T. Klauser, Der Ursprung der bischöflichen Insignien und Ehrenrechte, Krefeld, 1950, pp. 17-20.                                             Pietro Siffrin

 

Cfr. Enciclopedia Cattolica, XI, Città del Vaticano, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e il Libro Cattolico, 1953, coll. 1371-1372 (riprodotto in «Una Voce Notiziario», 62 ns, 2016, p. 14 link).

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