Card. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa, XIV-XV

ALTARE DI TERRA E DI PIETRA

Card. Prospero LambertiniXIV. Diciamo in secondo luogo che nella legge antica l’altare doveva essere di terra ed anche di pietra: onde nell’Esodo al cap. 20 si legge: «Altare de terra facietis mihi, et offeretis super eo holocausta, et pacifica vestra, oves vestras et boves in omni loco, in quo memoria fuerit nominis mei; veniam a te et benedicam tibi. Quod si altare lapideum feceris mihi, non aedificabis illud de sectis lapidibus; si enim levaveris cultrum super eo, polluetur». Coprivasi poi quest’altare col bronzo: «et operies illud aere»: come nell’Esodo al cap. 27. L’altare dunque del Testamento vecchio o era pieno di terra come vuole l’Abulense sopra l’Esodo al cap. 29 quest. 6, o di pietre non pulite giusta il sentimento del Ribera nel lib. 2 De templo al cap. 20. Ed infatti quando Giuda Maccabeo riedificò l’altare distrutto da Antioco, vi ripose dentro le pietre intere giusta il prescritto della legge, come si vede nel 1 lib. de’ Maccabei al cap. 4. Il P. Lamy nel suo lib. 3 De tabernaculo mosaico al cap. 6 sez. 2 vuole che l’altare fosse di bronzo, cioè l’ara dell’altare, o sia la tavola, e che ciò che reggeva la detta tavola di bronzo, fosse di pietra. «In hocce autem loco Exodi, ubi altare praecipitur de terra faciendum, puto sermonem fieri, non de summa parte, quae erat aenea, sed de fundamento altaris, quod ut cito pararetur, cum matabantur castra, permittebat Deus, ut fieret ex fortuitis cespitibus tumultuario opere». Ne’ primi secoli della Chiesa vi furono certamente altari di legno; onde Ottato Milevitano di sopra citato, seguitando il suo rimprovero contro i Donatisti, che avevano distrutti gli altari de’ cattolici, così parla: «Hoc igitur inexpiabile nefas, si de aliqua ratione descendit, uno modo fieri debuit; sed ut aestimo, alio loco copia lignorum frangi iussit, alio, ut altaria raderent, lignorum inopia imperavit, ut removerentur ex parte verecunda iussit, ubique tamen nefas est, dum tantae rei manus sacrilegas et impias intulistis. Quid perditorum conductam referam multitudinem et vinum in mercedem sceleris datum? Quod ut immundo ore sacrilegis haustibus libaretur, calida de fragmentis altarium facta est»; ne è cosa tanto inverisimile che i santi apostoli celebrassero la messa negli altari di legno coll’esempio di Gesù Cristo che finita la cena legale, stando assiso ad una mensa di legno s’offerse prima di tutti al padre in sagrifizio. Dell’apostolo s. Pietro che conforme abbiamo di sopra accennato, ebbe ricovero nella casa di Pudente senatore si sa per tradizione che celebrava in un altare di legno che ancor oggi si conserva nella chiesa di s. Pudenziana se prestiamo fede all’Arringo nella sua Roma sotterranea al tom. 2 lib. 4, cap. 45 «Extat in eadem ecclesia ad dexteram intrantibus altare ligneum ad modum arcae compactum, in quo beatus Petrus dum apud Pudentem hospitio receptus moraretur, ut pia fert traditio, immortali Deo sacrificium offerebat. Lignea nutem altaris tabula, prae vetustate nimia consumpta cernitur, et sub altari lapideo locata est, in quo sancti Petri statua cernitur. Hoc autem titulo notalum est: in hoc altari sanctus Petrus pro vivis et defunctis, ad augendum fidelium multitudinem, corpus et sanguinem Domini offerebat». Ed il sapersi che nel tempo delle persecuzioni si celebravano nelle carceri le messe, chiaramente comprova che gli altari dovevano essere di legno.

XV. Se poi ne’ primi secoli e ne’ tempi delle persecuzioni vi fossero ancora oltre gli altari di legno altari di pietra e se il pontefice s. Silvestro fosse quello che nel principio del secolo quarto determinasse, che le messe si celebrassero, non più sopra gli altari di legno, ma sopra gli altari di pietra, è questione dibattuta fra gli eruditi. Il Juenin nel suo trattato De sacramentis alla dissert. 5 De eucharistia quest. 8 cap. 3, così scrive: «Incertum est, an altaria prioribus saeculis lignea fuerint aut lapidea. Verisimile est, utraque, dum saeviret persecutio, indiscriminatim adhibita fuisse, prout nempe rerum locorumque opportunitas ferebat etc. Multis ab hinc saeculis Ecclesia praecepit, ut altaria solum lapidea sint. Nonnulli scriptores illud decretum Silvestro papae adscribunt; sed assertum huiusmodi nullo veterum testimonio nititur». Si possono ancora leggere il cardinal Bona nel lib. 1 Rer. Liturgic. al cap. 20, il Martene De antiquis Ecclesiae ritibus al tom. 1 lib. 1 cap. 3 art. 6. Nel fine del secolo quarto abbiamo una prova evidente che gli altari erano di pietra: e la prova si deduce da s. Gregorio Nisseno nell’orazione sopra il santo battesimo di Cristo alla pag. 801, «Altare hoc sanctum, cui adsistimus, lapis est natura communis, nihil differens ab aliis crustis lapideis ex quibus parietes nostri extruuntur, et pavimenta exornantur. Sed quoniam Dei cultui consecratum, atque dedicatum est, ac benedictionem accepit, mensa sancta, altare immaculatum est, quod non amplius ab omnibus, sed a solis sacerdotibus, iisque venerantibus  contrectatur». Ne’ tempi più felici della Chiesa si legge che dalla pietà de’ fedeli furono fatti altari d’argento. Così si legge nel libro pontificale ove abbiamo che l’imperatore Costantino eresse nella basilica costantiniana sette altari d’argento purissimo, ciascheduno de’ quali pesava libbre dugento sessanta e che il pontefice Sisto III offerse alla basilica di s. Maria un altare d’argento che pesava trecento libbre; non sapendosi però se gli altari fossero d’argento massiccio, oppure fossero di legno o di pietre coperte di lastre d’argento; onde nella vita di s. Adriano I nello stesso pontificale leggiamo, che «in basilica sanctae Dei Genitricis, quae est ad praesepe, in altari ipsius praesepis fecit laminas ex auro purissimo historiis depictis, pensantes simul libras centum quinque».

 

Cfr. P. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa secondo l’ordine del Calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, pp. 15-17.

 

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