DOMENICA III. D’AVVENTO Stazione a San Pietro.

S. Pietro in Vaticano

Poiché in Roma nella quarta domenica d’Avvento non si teneva alcuna stazione, – a cagione che nella notte precedente si compievano le grandi ordinazioni dei preti e dei diaconi mense decembri -, questa terza stazione preparatoria al Natale era celebrata a san Pietro con un insolito splendore di riti e processioni, che nella mente della Chiesa volevano quasi inaugurare le sante gioie del ciclo natalizio.

Questa infatti è la settimana dei grandi scrutini e dei solenni digiuni, che precedono le sacre ordinazioni; onde i fedeli anch’oggi si raccolgono attorno alla tomba del Principe degli Apostoli, quasi per assicurarsi la sua celeste protezione, e per mettere il Pastor Ecclesiae a parte del gaudio che inonda l’animo del gregge al fausto annunzio della vicina parusia: Prope est iam Dominus …

Altra volta il Papa si recava alla basilica Vaticana in sul tramonto del sabato, ed assistendo ai vesperi preintonava la prima e l’ultima antifona, che gli venivano perciò suggerite da un canonico. Per questo servizio, come notano gli Ordini Romani1, il Pontefice soleva porre in bocca al buon ecclesiastico una moneta d’oro.

Al capitolo vaticano incombeva l’obbligo d’apprestare al Papa e ai cardinali la cena e da dormire, durante la prima parte della notte; questa peraltro non era molto lunga, ché l’ufficio vigiliare doveva cominciare poco oltre la mezzanotte. Il Papa, preceduto da accoliti con candelabri e torcie, andava dapprima ad incensare gli altari dei santi Leone I, Gregorio Magno, Sebastiano, Tiburzio, degli apostoli Simone e Giuda, del Volto Santo, della beata Vergine e di san Pastore. Ciò fatto, discendeva nell’ipogeo della Confessione di san Pietro, e dopo offerto l’incenso sulla tomba dell’Apostolo, dava principio al primo ufficio vigiliare. Si cantavano dal clero tre salmi e tre lezioni scritturali; quindi il primicerio intonava l’inno Te Deum, il Papa recitava la colletta, e terminava la prima parte della salmodia notturna ad corpus.

Il corteo allora, con quel medesimo ordine com’era venuto, risaliva nella basilica superiore, e dopo incensato l’altare sotto il quale riposava san Pietro, dava principio all’ufficio mattutino propriamente detto. Il rito si svolgeva senza speciali particolarità. I canonici vaticani cantavano le lezioni del primo notturno; le prime due del secondo estratte dalla lettera di san Leone I al Patriarca Flaviano, toccavano ai vescovi; la terza e la prima del terzo notturno a due cardinali, la penultima al capo del capitolo vaticano, e l’ultima al Papa. Seguiva l’ufficio dell’ aurora, in cui il Pontefice intonava l’antifona che precede il cantico di Zaccaria, e da ultimo recitava la colletta finale.

L’odierna messa stazionale, in quanto precede immediatamente il ciclo natalizio, in antico aveva un carattere spiccatamente festivo. – Si sa che le novene e i tridui in preparazione alle maggiori feste sono d’origine posteriore, e nel periodo aureo della liturgia, questi periodi precedenti Pasqua e Natale, queste messe vigiliari e sinassi stazionali alle basiliche più venerate dell’eterna città, avevano appunto per iscopo di disporre l’animo dei fedeli, e d’impetrare loro dal Cielo la grazia di trascorrere fruttuosamente le varie solennità del ciclo liturgico -.

Alla messa il Papa intonava l’Inno Angelico, che veniva eseguito da tutto il clero. Dopo la colletta i cantori, sotto la direzione dei cardinali diaconi, dei suddiaconi apostolici e dei notai, recitavano delle acclamazioni o “Laudes” in onore del Pontefice, del clero e del popolo romano, il qual rito si conserva ancora nella coronazione dei sommi Pontefici. Terminato il divin Sacrificio, i diaconi ricingevano il Papa della tiara, e risaliti tutti in sella, facevano la solenne cavalcata al Laterano, ove aveva luogo il banchetto.

Di tutto questo apparato rituale così smagliante, l’odierno cerimoniale ha conservato ben poca cosa. – La gioia non è davvero la nota dominante della società moderna. – Alla messa, invece dei consueti parati violacei, i sacri ministri rivestono quelli color rosa, e l’organo riempie le navate del tempio coi suoi concerti. L’Ufficio divino non ha però subito alterazioni, e conserva intatto il suo primigenio carattere festivo e pieno di slancio, a cagione della prossima venuta del Salvatore.

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1 Ord. Rom. XIP. L., LXXVII, col. 1029.

Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – II. L’inaugurazione del Regno Messianico (La Sacra Liturgia dall’Avvento alla Settuagesima), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 116-118.

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