Quarant’anni senza feste

Cade quest’anno il 40° anniversario della legge 5 marzo 1977, n. 54 che con l’accordo delle autorità civili e religiose (Giulio Andreotti presidente del consiglio e papa Paolo VI) stabiliva che i giorni dell’Epifania, san Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini e SS. Apostoli Pietro e Paolo «cessano di essere considerati festivi agli effetti civili». La norma statuale determinò la conseguente applicazione, da parte della Conferenza episcopale italiana, del n. 7 del decreto della S. Congregazione dei Riti 21 marzo 1969, recante Norme generali per l’ordinamento dell’Anno liturgico e del Calendario romano: nei luoghi dove le solennità dell’Epifania, dell’Ascensione, del Corpo e Sangue di Cristo non sono di precetto, saranno trasportate alla domenica come a giorno proprio, quindi l’Epifania, alla domenica tra il 2 e l’8 gennaio, l’Ascensione, alla domenica VII di Pasqua, il Corpus Domini alla domenica dopo la Ss.ma Trinità. La traslazione, come appare, vale soltanto per la forma ordinaria del rito romano, mentre in quella straordinaria il giorno proprio di queste feste dovrebbe restare quello indicato dal Messale Romano, dicendosi la domenica seguente la Messa votiva della solennità esterna per l’utilità dei cristiani. Come è noto, in seguito fu ripristinata l’Epifania festa civile, e quindi liturgica, il 6 gennaio, e limitatamente al comune di Roma la festa di san Pietro e Paolo il 29 giugno (cfr. D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 792).

Ma rimane la traslazione dell’Ascensione, non è più quaranta giorni dopo la risurrezione di Gesù, e del Corpus Domini, inoltre restano lavorativi il 19 marzo festa di san Giuseppe e, salvo che a Roma, il 29 giugno festa dei santi Apostoli. Una situazione che da quarant’anni affligge i cattolici italiani, portata da un infelice provvedimento che prometteva magnifiche sorti e progressive che non si sono poi realizzate, conseguenza di una politica che antepone per principio il (presunto) vantaggio economico alla religione e al sacro culto.

L’abolizione della Befana determinò, particolarmente a Roma, reazioni e proteste: il nostro Notiziario (Ripensamento, in «Una Voce Notiziario», 40-41, 1977, p. 22) pubblicò una pasquinata che circolava nella Eterna Città, e che riportiamo qui sotto. Essa era dedicata, in particolare, alla prospettata (ma subito ritirata) abolizione – da parte dell’allora sindaco Giulio Carlo Argan – anche delle tradizionali bancarelle a Piazza Navona. Rammentiamo che Giovanni Battista Montini era di Concesio (Brescia), e Argan torinese. (fm)

All’ultimo momento si apprende che il malcontento e la disapprovazione per l’abolizione della festa della Epifania è stata tale da indurre l’autorità laica e religiosa, di comune accordo, a un ripensamento. Pare, infatti, che l’impopolare e inspiegabile provvedimento sarà ufficialmente ritirato. Tutto resterà come prima. Era tempo. Già circolavano per Roma pasquinate con aggettivi a dir poco roventi. Si sa che il popolino «non tiene peli sulla lingua»! Ecco una delle strofette più timorate:

Er Papa che è de razza cispadana
ha levato ai Romani la Befana;
er Sindaco de razza anche più bbona
je vo’ llevà pure Piazza Navona.

Cattiverie. Il Papa e il Sindaco non avevano queste intenzioni.

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