Il linguaggio dei simboli

Intervista con Cristina Campo a cura di Gino de Sanctis.

Avevo nove o dieci anni … e dopo aver dato fondo alle fiabe, ai volumi di storia sacra e a tutto quanto si poteva, allora, consentire come lettura a un bambino, pregai mio padre di lasciarmi leggere qualche libro della sua biblioteca. Egli, con un gesto, l’escluse quasi tutta: «Di tutto questo, nulla», mi disse; poi, indicandomi una scansia separata: «Questi sì, puoi leggerli tutti, sono i russi. Troverai molto da soffrire ma nulla che possa farti male». Vivevamo allora a Firenze, in una strada abitata da molti profughi russi, tra cui artisti che mio padre, compositore, conosceva. Mia madre, anche lei musicista, prediligeva la loro musica. Così, come vede, il mio primo territorio della poesia fu territorio russo.

… Riferendomi al suo bellissimo saggio su Čechov e soprattutto a quella più recente «introduzione» che è stata determinante per l’inatteso successo in Italia di Racconti di un Pellegrino russo, le ho chiesto se questi interessi stiano a indicare una «svolta», una direzione nuova nel suo lavoro dopo anni di frequentazione dei poeti anglosassoni …

Non credo di sapere cosa siano le svolte … La strada è una, solare, da oriente a occidente. Essa segue quattro linee: il linguaggio, il paesaggio, il mito e il rito. Sono i motivi fondamentali de Il flauto e il tappeto. Nelle pagine sul rito, la tradizione bizantina, e quella de Il pellegrino russo cui Lei accennava, è già rappresentata: poche pagine, è vero, tanto orrenda è oggi la morte del rito, prima ancora di quella del paesaggio. Le avevo scritte, quelle poche pagine, per rendere riconoscenza a Dio che mi aveva permesso di assistere ancora ad alcuni riti e a coloro che li rendono ancora possibili. Ma il curioso, lo straordinario, è che proprio in virtù di quei pochi accenni, mi sono giunti echi imprevisti, quasi miracolosi: in essi ho trovato il coraggio di dedicarmi a un nuovo libro che svilupperà quella tematica.

Le domando che titolo avrà il libro e in che consiste la miracolosità di quegli echi.

Il libro s’intitolerà Poesia e Rito. In quanto alle imprevedibili spinte spirituali … le dirò che i miei più attenti lettori, i lettori per cui si sogna di scrivere, i veri destinatari del manoscritto nella bottiglia, si sono manifestati non dal mondo delle lettere, né, salvo qualche rarissima eccezione, dal mondo religioso, ma dal mondo della scienza e della tecnologia. Le lettere più straordinarie che abbia ricevuto erano di due ingegneri elettronici, di un ingegnere siderurgico, di un biologo, di un medico, quasi tutti trentenni. Profondi conoscitori di tutti e quattro i temi del libro e soprattutto avidi studiosi dell’ultimo tema, il rito appunto, quali lettori di testi liturgici romani, bizantini, di patristica, di mistica. Devo a loro il coraggio di avere ripreso questo discorso.

E questo che lei chiama miracolo?

Sì; dapprima sì; è stata una grande sorpresa; poi l’ho trovato un fatto naturale riflettendo che Solženicyn è un matematico formato intimamente, spiritualmente, dal rito. Sul rito egli ha scritto le sue pagine più splendenti, alcune poesie che sono piccoli classici. Una di queste, Jesuse, sviete tichii, «Gesù, soave luce», riprende un inno dei vespri bizantini.

Poiché al nome di Solženicyn Cristina Campo sembra illuminarsi, le domando se il grande esule sia il suo scrittore preferito.

E chi altri dovrebbe esserlo oggi? … Sebbene privatamente io senta molto Sinjavskij (mi sembrò di incontrare un fratello leggendo i Pensieri improvvisi e Voce dal coro) Solženicyn oggi è qualcosa che ti fa piegare le ginocchia. L’espressione non è mia, ma è lui «l’apostolo del domani», lui così antico e immemoriale, quasi un animale preistorico. Il fatto più folgorante è tutto ciò che la sola presenza sul mondo riesce a cancellare: l’universale frenesia di tutte queste scimmie impazzite con elettrodi nel cervello, possedute da ossessioni, terrori e immagini che farebbero chinare gli occhi per la vergogna a qualsiasi animale. Appare Solženicyn e quel volto, mortalmente serio, immensamente casto, totalmente appassionato, e soprattutto libero dalla paura contemporanea di mostrarsi così …, di colpo, oh!, si dice, un uomo.

La riporto al discorso del suo nuovo libro. Mi risponde con reticenza.

Non so bene come sarà. Il saggio è una formula che mi sta diventando pesante. Il rito è vita, come le Scritture; come il sole che ogni giorno sorge brilla e tramonta, eppure rimane ineusaribilmente misterioso e diverso. L’immutabilità del vero rito fu voluta da Dio e da tutte le tradizioni appunto perché in quel ritorno cosmico, infallibile di figure si procedesse ogni giorno un poco di più nella complessità insondabile dei loro significati: ciò che non lascerà mai esprimere in concetti razionali, ma solo indicare, alludere in gesti, suoni, simboli divinamente ordinati.

Ma il suo libro si intitola anche alla poesia. Fra i due termini v’è un rapporto di necessità? Non a tutti è visibile.

Più si conosce la poesia più ci si accorge ch’essa è figlia della liturgia, la quale è il suo archetipo, come tutto Dante dimostra, come dimostrano poeti anche a noi vicinissimi, Pasternak, per esempio, che nelle opere definitivamente belle ha sempre dinanzi agli occhi la liturgia. Certo, il paesaggio, il linguaggio, il mito e il rito, che sono i quattro elementi della felicità, sono oggi diventati quattro bersagli dell’odio concentrato dell’occidente. Aprirò il mio nuovo libro con la preghiera d’astenersi dalla lettura a tutti coloro che sono legati a quella vecchia e trista fattura che è la parola «estetismo». La protagonista di questo libro vorrei che potesse essere la Bellezza, la quale è teologica; sì, è una virtù teologale, la quarta, la segreta, quella che fluisce dall’una all’altra delle tre palesi. Ciò è evidente nel rito, appunto, dove Fede, Speranza e Carità sono ininterrottamente intessute e significate dalla Bellezza. Il Genesi porta una frase che può tradursi così: «Dio vide che ciò era bello». Dio ha pietà di noi perché ci lascia ancora qualche rito, su qualche vetta remota, o in minimi colombari, perduti, dimenticati nella metropoli. E’ il sole sepolto, il lume coperto al quale tutti coloro di cui abbiamo parlato finora, in oriente e in occidente, hanno acceso le loro lampade.

Cfr. «L’Europa», 15 febbraio 1975, p. 30, ora in C. Campo, Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano, Adelphi, 1998², pp. 212-215.

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Il 10 gennaio 2023 requiem in suffragio di Cristina Campo e di tutti i soci defunti

Il 10 gennaio 2023, 46° anniversario della morte di Cristina Campo fondatrice e ispiratrice di Una Voce Italia, l’Associazione ha fatto celebrare una Messa di requiem in suffragio di tutti i suoi soci defunti alla Parrocchia della Ss.ma Trinità dei Pellegrini in Roma.

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6 gennaio 2023 Epifania

Adorazione dei magi
Stella ista sicut flamma corúscat, et Regem regum Deum demónstrat:
Magi eam vidérunt, et magno Regi múnera obtulérunt.

 

6 Gennaio ottavo delle Idi

Venerdì

Epifania del Signore

Doppio di prima classe con Ottava privilegiata di II ordine. Paramenti bianchi. Messa «Ecce advénit». Stazione a S. Pietro.

 

FESTA MOBILIA
in Epiphania Domini
post Evangelium Missae sollemnis
sic praenuntiantur

Novéritis, fratres caríssimi, quod annuénte Dei misericórdia, sicut de Nativitáte Dómini Nostri Jesu Christi gavísi sumus, ita et de Resurrectióne ejúsdem Salvatóris nostri gáudium vobis annuntiámus.

Die quinta Februárii erit Domínica in Septuagésima.

Vigésima secúnda ejúsdem dies Cínerum, et inítium jejúnii sacratíssimæ Quadragésimæ.

Nona Aprílis sanctum Pascha Dómini Nostri Jesu Christi cum gáudio celebrábitis.

Duodevigésima Maji erit Ascénsio Dómini Nostri Jesu Christi.

Vigésima octáva ejúsdem erit Festum Pentecóstes.

Octáva Júnii Festum sacratíssimi Córporis Christi.

Tértia Decémbris Domínica prima Advéntus Dómini Nostri Jesu Christi, cui est honor et glória, in saécula sæculórum. Amen.

 

Die  6 Januarii

IN   EPIPHANIA   DOMINI

Duplex I classis cum Octava privilegiata II Ordinis

Statio ad S. Petrum

                Introitus                                                                    Malach. 3, 1; I Par. 29, 12

ECce advénit dominátor Dóminus : et regnum in manu ejus et potéstas et impérium. Ps. 71, 1. Deus, judícium tuum Regi da : et justítiam tuam Fílio Regis. V). Glória Patri. Ecce.

Oratio

DEus, qui hodiérna die Unigénitum tuum géntibus stella duce revelásti : concéde propítius; ut, qui jam te ex fide cognóvimus, usque ad contemplándam spéciem tuæ celsitúdinis perducámur. Per eúndem Dóminum.

Léctio Isaíæ Prophétæ
Is. 60, 1-6

SUrge : illumináre, Jerúsalem : quia venit lumen tuum, et glória Dómini super te orta est. Quia ecce, ténebræ opérient terram et caligo pópulos : super te autem oriétur Dóminus, et glória ejus in te vidébitur. Et ambulábunt gentes in lúmine tuo, et reges in splendóre ortus tui. Leva in circúitu óculos tuos, et vide : omnes isti congregáti sunt, venérunt tibi : fílii tui de longe vénient, et fíliæ tuæ de látere surgent. Tunc vidébis et áfflues, mirábitur et dilatábitur cor tuum, quando convérsa fúerit ad te multitúdo maris, fortitúdo géntium vénerit tibi. Inundátio camelórum opériet te dromedárii Mádian et Epha : omnes de Saba vénient, aurum et thus deferéntes, et laudem Dómino annuntiántes.

Graduale. Ibid., 6 et 1. Omnes de Saba vénient, aurum et thus deferéntes, et laudem Dómino annuntiántes. V). Surge et illumináre, Jerúsalem : quia glória Dómini super te orta est.

Allelúja, allelúja. V). Matth. 2, 2. Vídimus stellam ejus in Oriénte, et vénimus cum munéribus adoráre Dóminum. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Matthaéum             Matth. 2, 1-12

CUm natus esset Jesus in Béthlehem Juda in diébus Heródis regis, ecce, Magi ab Oriénte venerunt Jerosólymam, dicéntes : Ubi est, qui natus est rex Judæórum? Vídimus enim stellam ejus in Oriénte, et vénimus adoráre eum. Audiens autem Heródes rex, turbatus est, et omnis Jerosólyma cum illo. Et cóngregans omnes príncipes sacerdótum et scribas pópuli, sciscitabátur ab eis, ubi Christus nascerétur. At illi dixérunt ei : In Béthlehem Judae : sic enim scriptum est per Prophétam : Et tu, Béthlehem terra Juda, nequáquam mínima es in princípibus Juda; ex te enim éxiet dux, qui regat pópulum meum Israël. Tunc Heródes, clam vocátis Magis, diligénter dídicit ab eis tempus stellæ, quæ appáruit eis : et mittens illos in Béthlehem, dixit : Ite, et interrogáte diligénter de púero : et cum invenéritis, renuntiáte mihi, ut et ego véniens adórem eum. Qui cum audíssent regem, abiérunt. Et ecce, stella, quam víderant in Oriénte, antecedébat eos, usque dum véniens staret supra, ubi erat Puer. Vidéntes autem stellam, gavísi sunt gáudio magno valde. Et intrántes domum, invenérunt Púerum cum María Matre ejus, (hic genuflectitur) et procidéntes adoravérunt eum. Et, apértis thesáuris suis, obtulérunt ei múnera, aurum, thus et myrrham. Et respónso accépto in somnis, ne redírent ad Heródem, per áliam viam revérsi sunt in regiónem suam.

Credo.

Offertorium. Ps. 71, 10-11. Reges Tharsis, et ínsulæ múnera ófferent : reges Arabum et Saba dona addúcent : et adorábunt eum omnes reges terræ, omnes gentes sérvient ei.

Secreta

ECclésiæ tuæ, quaésumus, Dómine, dona propítius intuére : quibus non jam aurum, thus et myrrha profértur; sed quod eísdem munéribus declarátur, immolátur et súmitur, Jesus Christus, fílius tuus, Dóminus noster : Qui tecum.

Præfatio et Communicántes propria : quæ dicuntur per totam Octavam, juxta Rubricas.

PEr ómnia saécula sæculórum.
R). Amen.
V). Dóminus vobíscum.
R). Et cum spíritu tuo.
V). Sursum corda.
R). Habémus ad Dóminum.
V). Grátias agámus Dómino Deo nostro.
R). Dignum et justum est.

VEre dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper, et ubíque grátias ágere : Dómine sancte, Pa­ter omnípotens, ætérne Deus. Quia, cum Unigénitus tuus in substántia nostræ mortalitátis appáruit, nova nos immortalitátis suæ luce reparávit. Et ídeo, cum Ange­lis et Archángelis, cum Thronis et Dominatióni­bus, cumque omni milítia cæléstis exércitus, hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes :

Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis.

Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Communio. Matth. 2, 2. Vídimus stellam ejus in Oriénte, et vénimus cum munéribus adoráre Dóminum.

Postcommunio

PRæsta, quaésumus, omnípotens Deus : ut, quæ sollémni celebrámus officio, purificátæ mentis intelligéntia consequámur.

Infra Octavam Missa dicitur ut in Festo, additis Orationibus pro diversitate Temporum assignatis, ut supra.

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Morto Giuseppe Benedetto (dal 2005 al 2013 papa Benedetto XVI)

Giuseppe Benedetto (Joseph Ratzinger), dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013 papa Benedetto XVI, è mancato in Vaticano oggi 31 dicembre 2022 alle 9:34 (Dichiarazione del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede).

Sensibile ai problemi della liturgia dopo la riforma del postconcilio, prese in considerazione le istanze del movimento Una Voce, in particolare che fosse data la possibilità di usare il Messale Romano antico.

Da Papa, il 7 luglio 2007, emanò il Motu proprio Summorum Pontificum che regolava con una maggiore ampiezza l’uso del messale e dei libri liturgici tridentini, per la recita del Breviario e l’amministrazione della maggior parte dei sacramenti e sacramentali.

Nel 1989 il bollettino nazionale di Una Voce Italia pubblicava con licenza del card. Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il suo articolo Liturgia e musica sacra («Una Voce Notiziario», 87-89, gennaio-settembre 1989, pp. 4-16).

Una prece.

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25 dicembre 2022 S. Natale


Hódie Christus natus est: hódie Salvátor appáruit: hódie
in terra canunt Angeli, lætántur Archángeli : hódie
exsúltant justi, dicéntes : Glória in excélsis Deo, allelúja.

 

25 Dicembre ottavo delle Calende di Gennaio

Domenica vacante

Natività di Nostro Signore Gesù Cristo

Doppio di prima classe con Ottava privilegiata di III ordine. Paramenti bianchi.
Prima Messa della Notte «Dóminus dixit». Staz. a S. Maria maggiore al Presepe.
Seconda Messa dell’Aurora «Lux fulgébit». Stazione a S. Anastasia.
Terza Messa del Giorno «Puer natus». Stazione a S. Maria maggiore.

 

Die  25  Decembris

IN   NATIVITATE   DOMINI

Duplex I classis cum Octava privilegiata III Ordinins

_______________

AD  PRIMAM  MISSAM

IN  NOCTE

Statio ad S. Mariam majorem ad Præsepe

Introitus                                                                                      Ps. 2, 7

DÓminus dixit ad me : Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Ps. ibid., 1. Quare fremuérunt gentes : et pópuli meditáti sunt inánia? V). Glória Patri. Dóminus.

Oratio

DEus, qui hanc sacratíssimam noctem veri lúminis fecísti illustratióne claréscere : da, quaésumus; ut, cujus lucis mystéria in terra cognóvimus, ejus quoque gáudiis in cælo perfruámur : Qui tecum.

Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli
ad Titum              Tit. 2, 11-15

CAríssime : Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut, abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie et juste et pie vivámus in hoc saéculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Jesu Christi : qui dedit semetípsum pro nobis : ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere et exhortáre : in Christo Jesu, Dómino nostro.

Graduale. Ps. 109, 3 et 1. Tecum princípium in die virtútis tuæ : in splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te. V). Dixit Dóminus Dómino meo : Sede a dextris meis: donec ponam inimícos tuos, scabéllum pedum tuórum.

Allelúja, allelúja. V). Ps. 2, 7. Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secundum
Lucam                           Luc. 2, 1-14

IN illo témpore : Exiit edíctum a Caésare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Hæc descríptio prima facta est a praéside Sýriæ Cyríno : et ibant omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et Joseph a Galilaéa de civitáte Názareth, in Judaéam in civitátem David, quæ vocatur Béthlehem : eo quod esset de domo et fámilia David, ut profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre prægnánte. Factum est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies, ut páreret. Et péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit, et reclinávit eum in præsépio : quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce, Angelus Dómini stetit juxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus : Nolíte timére : ecce enim, evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo : quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum : Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiæ cæléstis, laudántium Deum et dicéntium : Glória in altíssimis Deo, et in terra pax hóminibus bonæ voluntátis.

Credo.

Offertorium. Ps. 95, 11 et 13. Læténtur cæli et exsúltet terra ante fáciem Dómini : quóniam venit.

Secreta

ACcépta tibi sit, Dómine, quaésumus, hodiérnæ festivitátis oblátio : ut, tua gratia largiénte, per hæc sacrosáncta commércia, in illíus inveniámur forma, in quo tecum est nostra substántia : Qui tecum.

Præfatio de Nativitate : quæ dicitur per Octavam in omnibus Missis, etiam in iis quæ secus Præfationem propriam haberent, dummodo in his et de Octava vel de Dominica infra Octavam fiat Commemoratio, et ipsa Missa aut Commemoratio prius habita aliam de divinis Mysteriis vel Personis non exigant Præfationem. Item dicitur, juxta Rubricas, usque ad Vigiliam Epiphaniæ inclusive.

PEr ómnia saécula sæculórum.
R). Amen.
V). Dóminus vobíscum.
R). Et cum spíritu tuo.
V). Sursum corda.
R). Habémus ad Dóminum.
V). Grátias agámus Dómino Deo nostro.
R). Dignum et justum est.

VEre dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper, et ubíque gratias ágere : Dómine sancte, Pa­ter omnípotens, ætérne Deus : Quia per incarnáti Verbi mystérium, nova mentis nostræ óculis lux tuæ cla­ritátis infúlsit ut, dum visibíliter Deum cognósci­mus, per hunc in invisibílium amórem rapiámur. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Do­mina­tiónibus, cumque omni milítia cæléstis exércitus, hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes :

Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis.

Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

¶ Infra actionem : Communicántes, et noctem sacratíssirnam celebrántes. Et dicitur cotidie usque ad Octavam Nativitatis inclusive : sed in hac Missa tantum dicitur noctem, deinceps vero diem sacratíssimum.

¶ In prima et secunda Missa, si Sacerdos aliam Missam sit celebraturus, sumpto divino Sanguine, non purificat neque abstergit Calicem, sed eum ponit super Corporale, et Palla tegit; dein, junctis manibus, dicit in medio Altaris : Quod ore súmpsimus, etc., et subinde in vase cum aqua parato digitos abluit, dicens : Corpus tuum, Dómine, etc., et abstergit. Hisce peractis, Calicem super Corporale adhuc manentem, deducta Palla, iterum disponit et cooperit, uti mos est, scilicet primum Purificatorio linteo, deinde Patena cum Hóstia consecranda et Palla, ac demum Velo.

Communio. Ps. 109, 3. In splendóribus sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.

Postcommunio

DA nobis, quaésumus, Dómine, Deus noster : ut, qui Nativitátem Dómini nostri Jesu Christi mystériis nos frequentáre gaudémus; dignis conversatiónibus ad ejus mereámur perveníre consórtium : Qui tecum.

Debet Sacerdos etiam ante sequentes Missas Confessionem dicere et in fine cujuslibet populo benedicere. In fine autem hujus Missæ et sequentis legit, more solito, Evangelium S. Joannis In princípio.

AD  SECUNDAM  MISSAM

IN  AURORA

Statio ad S. Anasiasiam

Introitus                                                                          Is. 9, 2 et 6

LUx fulgébit hódie super nos : quia natus est nobis Dóminus : et vocábitur Admirábilis, Deus, Princeps pacis, Pater futúri saéculi : cujus regni non erit finis. Ps. 92, 1. Dominus regnávit, decorem indutus est : indutus est Dominus fortitudinem, et præcínxit se. V). Glória Patri. Lux.

Oratio

DA nobis, quaésumus, omnípotens Deus : ut, qui nova incarnáti Verbi tui luce perfúndimur; hoc in nostro respléndeat ópere, quod per fidem fulget in mente. Per eúndem Dóminum.

Et fit Commemoratio S. Anastasiæ Mart. :

Oratio

DA, quaésumus, omnípotens Deus : ut, qui beátæ Anastásiæ Mártyris tuæ sollémnia cólimus; ejus apud te patrocínia sentiámus. Per Dóminum.

Lectio Epístolæ beati Pauli Apostoli
ad Titum                 Tit. 3, 4-7

CAríssime : Appáruit benígnitas et humánitas Salvatóris nostri Dei : non ex opéribus justítiæ, quæ fécimus nos, sed secúndum suam misericórdiam salvos nos fecit per lavácrum regeneratiónis et renovatiónis Spíritus Sancti, quem effúdit in nos abúnde per Jesum Christum, Salvatorem nostrum : ut, justificáti grátia ipsíus, herédes simus secúndum spem vitæ ætérnæ : in Christo Jesu, Dómino nostro.

Graduale. Ps. 117, 26, 27 et 23. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini : Deus Dóminus, et illúxit nobis. V). A Dómino factum est istud : et est mirábile in óculis nostris.

Allelúja, allelúja. V). Ps. 92, 1. Dóminus regnávit, decórem índuit : índuit Dóminus fortitúdinem, et præcínxit se virtúte. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Lucam                 Luc. 2, 15-20

In illo témpore : Pastóres loquebántur ad ínvicem : Transeámus usque Béthlehem, et videámus hoc verbum, quod factum est, quod Dóminus osténdit nobis. Et venérunt festinántes : et invenérunt Maríam et Joseph. et Infántem pósitum in præsépio. Vidéntes autem cognovérunt de verbo, quod dictum erat illis de Púero hoc. Et omnes, qui audiérunt, miráti sunt : et de his, quæ dicta erant a pastóribus ad ipsos. María autem conservábat ómnia verba hæc, cónferens in corde suo. Et revérsi sunt pastóres, glorificántes et laudántes Deum in ómnibus, quæ audíerant et víderant, sicut dictum est ad illos.

Credo.

Offertorium. Ps. 92, 1-2. Deus firmávit orbem terræ, qui non commovébitur : paráta sedes tua, Deus, ex tunc, a saéculo tu es.

In secunda et tertia Missa Sacerdos, si primam Missam celebraverit, ad Offertorium deveniens, ablato Velo de Calice, hunc parumper versus cornu Epístolæ collocat, sed non extra Corporale; factaque Hostiae oblatione, non abstergit Calicem Purificatorio, sed eum intra Corporale relinquens leviter elevat, vinumque et aquam eidem caute infundit, ipsumque Calicem, nullatenus ab intus abstersum, more solito offert.

Secreta

MÚnera nostra, quaésumus, Dómine, Nativitátis hodiérnæ mystériis apta provéniant, et pacem nobis semper infúndant : ut, sicut homo génitus idem refúlsit et Deus, sic nobis hæc terréna substántia cónferat, quod divínum est. Per eúndem Dóminum.

Pro S. Anastasia                                                                          Secreta

ACcipe, quaésumus, Dómine, múnera dignánter obláta : et, beátæ Anastásiæ Mártyris tuæ suffragántibus méritis, ad nostræ salútis auxílium proveníre concéde. Per Dóminum.

Præfatio et Communicántes, ut supra in prima Missa.

Communio. Zach. 9, 9. Exsúlta, fília Sion, lauda, fília Jerúsalem : ecce, Rex tuus venit sanctus et Salvátor mundi.

Postcommunio

HUjus nos, Dómine, sacraménti semper nóvitas natális instáuret : cujus Natívitas singuláris humánam réppulit vetustátem. Per eúndem Dóminum.

Pro S. Anastasia                                                     Postcommunio

SAtiásti, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris : ejus, quaésumus, semper interventióne nos réfove, cujus sollémnia celebrámus. Per Dóminum.

 

AD  TERTIAM  MISSAM

IN  DIE  NATIVITATIS  DOMINI

Statio ad S. Mariam majorem

Introitus                                                                                     Is. 9, 6

PUer natus est nobis, et fílius datus est nobis : cujus impérium super húmerum ejus : et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus. Ps. 97, 1. Cantáte Dómino cánticum novum : quia mirabília fecit. V). Glória Patri. Puer.

Oratio

COncéde, quaésumus, omnípotens Deus : ut nos Unigéniti tui nova per carnem Natívitas líberet; quos sub peccáti jugo vetústa sérvitus tenet. Per eúndem Dóminum.

Lectio Epístolæ beáti Páuli Apóstoli
ad Hebraéos         Hebr. 1, 1-12

MUltifáriam, multísque modis olim Deus loquens pátribus in Prophétis : novíssime diébus istis locútus est nobis in Fílio, quem constítuit herédem universórum, per quem fecit et saécula : qui cum sit splendor glóriæ, et figúra substántiæ ejus, portánsque ómnia verbo virtútis suæ, purgatiónem peccatórum fáciens, sedet ad déxteram majestátis in excélsis : tanto mélior Angelis efféctus, quanto diferéntius præ illis nomen hereditávit. Cui enim dixit aliquándo Angelórum : Fílius meus es tu, ego hódie génui te? Et rursum : Ego ero illi in patrem, et ipse erit mihi in fílium? Et cum íterum introdúcit Primogénitum in orbem terræ, dicit : Et adórent eum omnes Angeli Dei. Et ad Angelos quidem dicit : Qui facit Angelos suos spíritus, et minístros suos flammam ignis. Ad Fílium autem : Thronus tuus, Deus, in saéculum saéculi : virga æquitátis, virga regni tui. Dilexísti justítiam et odísti iniquitátem : proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo exsultatiónis præ particípibus tuis. Et : Tu in princípio, Dómine, terram fundásti : et ópera mánuum tuárum sunt cæli. Ipsi períbunt, tu autem permanébis; et omnes ut vestiméntum veteráscent : et velut amíctum mutábis eos, et mutabúntur : tu autem idem ipse es, et anni tui non defícient.

Graduale. Ps. 97, 3 et 2. Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri : jubiláte Deo, omnis terra. V). Notum fecit Dóminus salutáre suum : ante conspéctum géntium revelávit justítiam suam.

Allelúja, allelúja. V). Dies sanctificátus illúxit nobis : veníte, gentes, et adoráte Dóminum : quia hódie descéndit lux magna super terram. Allelúja.

+ Inítium sancti Evangélii secúndum
Joánnem           Joann. 1, 1-14

In princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt : et sine ipso factum est nihil, quod factum est : in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum : et lux in ténebris lucet, et ténebræ eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Joánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut omnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine. Erat lux vera, quæ illúminat omnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria venit, et sui eum non recepérunt. Quotquot autem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his, qui credunt in nómine ejus : qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. (Hic genuflectitur.) Et Verbum caro factum est, et habitávit in nobis : et vídimus glóriam ejus, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiæ et veritátis.

Credo.

Offertorium. Ps. 88, 12 et 15. Tui sunt cæli et tua est terra : orbem terrárum et plenitúdinem ejus tu fundásti : justítia et judícium præparátio sedis tuæ.

Secreta

OBláta, Dómine, múnera, nova Unigéniti tui Nativitáte sanctífica : nosque a peccatórum nostrórum máculis emúnda. Per eúndem Dóminum.

Præfatio et Communicántes de Nativitate.

Communio. Ps. 97, 3. Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri.

Postcommunio

PRæsta, quaésumus, omnípotens Deus : ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínæ nobis generatiónis est auctor; ita et immortalitátis sit ipse largítor : Qui tecum.

In fine hujus Missæ legitur Evangelium Epiphaniæ quod sequitur :

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Matthaéum             Matth. 2, 1-12

CUm natus esset Jesus in Béthlehem Juda in diébus Heródis regis, ecce, Magi ab Oriénte venerunt Jerosólymam, dicéntes : Ubi est, qui natus est rex Judæórum? Vídimus enim stellam ejus in Oriénte, et vénimus adoráre eum. Audiens autem Heródes rex, turbatus est, et omnis Jerosólyma cum illo. Et cóngregans omnes príncipes sacerdótum et scribas pópuli, sciscitabátur ab eis, ubi Christus nascerétur. At illi dixérunt ei : In Béthlehem Judae : sic enim scriptum est per Prophétam : Et tu, Béthlehem terra Juda, nequáquam mínima es in princípibus Juda; ex te enim éxiet dux, qui regat pópulum meum Israël. Tunc Heródes, clam vocátis Magis, diligénter dídicit ab eis tempus stellæ, quæ appáruit eis : et mittens illos in Béthlehem, dixit : Ite, et interrogáte diligénter de púero : et cum invenéritis, renuntiáte mihi, ut et ego véniens adórem eum. Qui cum audíssent regem, abiérunt. Et ecce, stella, quam víderant in Oriénte, antecedébat eos, usque dum véniens staret supra, ubi erat Puer. Vidéntes autem stellam, gavísi sunt gáudio magno valde. Et intrántes domum, invenérunt Púerum cum María Matre ejus, (hic genuflectitur) et procidéntes adoravérunt eum. Et, apértis thesáuris suis, obtulérunt ei múnera, aurum, thus et myrrham. Et respónso accépto in somnis, ne redírent ad Heródem, per áliam viam revérsi sunt in regiónem suam.

Si qua, infra Octavam Nativitatis, ac deinceps a die 2 usque ad diem 4 Januarii inclusive, dicenda sit Missa votiva sollemnis de Christo Domino, quæ versetur circa identicum Octavæ Mysterium aut circa Mysterium, pro quo Missa votiva nullatenus concessa reperiatur, sumitur Missa Puer natus est nobis, quæ habetur die 30 Decembris.

Pubblicato il Calendario | Commenti disabilitati su 25 dicembre 2022 S. Natale

Fabio Marino, L’ultima persecuzione

La grande persecuzione di Diocleziano è considerata l’ultima e la più grave repressione cruenta dei cristiani da parte dell’Impero romano. Ma cinquant’anni dopo, Giuliano l’Apostata adottò nuovamente una politica anticristiana, fondata non tanto sulla repressione fisica e la messa a morte, quanto sul relativismo e sulla abolizione delle garanzie alla libertà religiosa dei cristiani che erano state disposte da Costantino il Grande e dai suoi successori.

La Chiesa fu privata della capacità patrimoniale per impedirle di sostenere il culto e svolgere le altre finalità sue proprie. Si poneva così un grave pregiudizio alla sua libertà. Presto la morte in battaglia scongiurò i mali che Giuliano intendeva infliggere a coloro che egli chiamava «Galilei».

La nuova regolamentazione del Motu proprio Traditionis custodes, intervenuta il 16 luglio 2021, ha sostituito in gran parte in senso restrittivo quanto era stato stabilito nel 2007 dal Motu proprio Summorum Pontificum che garantiva ai cristiani un più largo uso del Messale Romano e dei libri liturgici antichi.

Il nuovo Motu proprio è certamente un ritorno indietro, pur essendo ben noto che i nemici della liturgia romana tradizionale, coloro che – anche fra cardinali e vescovi, professori di liturgia, officiali e membri del clero – pretendono di non ammettere più il rito tridentino nella Chiesa, erano ben presenti anche quando era in pieno vigore Summorum Pontificum, determinando disapplicazioni e dinieghi.

La responsabilità almeno programmaticamente attribuita ai vescovi diocesani – in qualità appunto di “custodi della tradizione” – di moderare, nel senso di autorizzare l’uso del messale antico nella propria diocesi ha portato a limitazioni delle Messe e dei sacramenti.

Tali limitazioni appaiono più o meno gravi a seconda dei luoghi, non per questo sono meno lesive della libertà dei cristiani di fruire della liturgia tradizionale. Da quanto è accaduto e accade in alcune diocesi dopo Traditionis custodes – riduzione del numero delle Messe, divieto dei sacramenti e delle esequie nella forma antica, rifiuto di rinnovare accordi con istituti religiosi tradizionali che spesso forniscono i celebranti – taluno paventa che, pur non avendo il Motu proprio inteso vietare, ma solo regolamentare l’uso del Messale precedente, si sia voluto avviare un processo per sradicare la celebrazione della Messa tridentina nel lungo periodo.

Il presidente della Federazione Internazionale Una Voce Joseph Shaw, nel suo messaggio alle associazioni membro dell’ottobre 2021, ribadendo che, dopo cinquant’anni di emarginazione e rifiuto, noi cattolici legati alla liturgia tradizionale non ci arrenderemo ora, ha menzionato «i cattolici perseguitati, dall’Inghilterra al Giappone»: essi non per decenni ma per secoli hanno vissuto la loro fede nel segreto, e talora hanno pagato con la vita i loro piccoli successi (cfr. Message from the President, Dr Joseph Shaw to the Member Associations of the Federation, and All Our Supporters and Friends, in fiuv.org/2021/10/message-from-president-dr-joseph-shaw.html; trad. it. in «Una Voce Notiziario», 80-82 ns, 2021, p. 2 link).

Ma questa cinquantennale persecuzione non è una persecuzione perpetrata da nemici della Chiesa e del nome cristiano, proviene invece dall’interno, anzi a volte da chi nella Chiesa esercita l’autorità gerarchica.

Ciò ci pone di fronte al mistero della Chiesa, come scrisse il padre Humbert Clérissac «il faut savoir souffrir non seulement pour l’Église, mais par l’Église». La sofferenza che ci viene dalla Chiesa non possiamo considerarla diversa dalla sofferenza che ci viene da Dio: è l’equivalente soprannaturale di una missione, quella di concorrere efficacemente alla santità della Chiesa (H. Clérissac, Le mystère de l’Église, Paris, Crès, 1918, pp. 178 ss.).

E i membri del movimento Una Voce hanno sopportato insulti e rifiuti, condizioni ingiuste e umilianti imposte alle loro attività, la denigrazione di quanto hanno di più caro. «We have endured all this – ha testimoniato il nostro Presidente – because our own comfort and amour propre is subordinate, in our own estimation, to the good of souls and the honour due to God» (J. Shaw, loc. cit.).

La persecuzione che parte dall’interno della Chiesa non toglie ma piuttosto conferma e rafforza il nostro dovere di continuare la santa battaglia per il mantenimento della liturgia tradizionale. E’ la liturgia che secondo l’antico detto stabilisce la legge del credere – la Messa romana antica conferma e propugna in particolare la dottrina del sacrificio eucaristico e di che cosa è la Chiesa. E’ la forma del culto divino che si sviluppa in modo organico, e abbiamo visto e vediamo come essa contribuisca fortemente a riportare alla fede coloro che si sono allontanati, ispirare le conversioni, sostenere le famiglie, stimolare le vocazioni, rappresentare la base per il rilancio delle comunità locali.

Se come membri ed esponenti di Una Voce abbiamo sopportato e dovremo sopportare questa persecuzione perché siamo convinti che il nostro benessere personale e il nostro amor proprio siano subordinati al bene delle anime e all’onore dovuto a Dio, allora la sofferenza che ci viene dalla Chiesa perché siamo legati alla Messa tradizionale rappresenta il punto più alto della nostra azione, ciò che più di ogni altra cosa ci fa concorrere alla santità della Chiesa.

Sia consentito ricordare quanto l’imperatore Galerio – in precedenza uno dei maggiori fautori della Grande persecuzione – osservava nell’editto di Serdica del 30 aprile 311, il primo atto che della persecuzione segnava la fine, come testimoniato da Lattanzio nel de mortibus persecutorum: «abbiamo constatato che essi né tributavano agli dei la reverenza e il timore loro dovuti, né adoravano il Dio dei cristiani» (Lact. mort. pers. 34, 4). Si riferiva ai cristiani che per paura della sofferenza avevano cessato di essere tali e abbandonato il culto divino, ma non avevano praticato il ritorno al paganesimo, lo scopo ultimo della persecuzione, che pertanto era risultata inutile, e probabilmente anche controproducente.

Anche oggi qualcuno se ne renderà conto?

Fabio Marino

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Napoli, celebrata in rito tridentino Messa di requiem per il trigesimo di Marco Crisconio

Il 12 dicembre 2022 alla chiesa di S. Ferdinando di Palazzo a Napoli vi è stata la Messa di requiem in rito tridentino per il trigesimo del comm. Marco Crisconio, presidente della locale Sezione e consigliere nazionale di Una Voce Italia.

Ampia partecipazione di soci e amici.

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Pietro Siffrin, Manipolo

ccc

MANIPOLO (Manipulum, mappula, fano, sudarium, mantile, manuale, sestace). –  Indumento liturgico, portato sull’avambraccio sinistro in modo che le due bande pendano da ambedue le parti, confezionato della stessa stoffa della pianeta. Il manipolo è proprio di tutti gli ordini maggiori, specialmente del suddiaconato, da quando questo cominciò ad essere annoverato fra i maggiori (secoli xi e xii). Si usa, oltre che nella Messa, soltanto all’Epistola e Vangelo nella benedizione delle palme, ed all’Exultet del Sabato Santo; non si usa mai col piviale. Il vescovo mette il manipolo all’altare dopo aver recitato il Confiteor; il sacerdote dopo il cingolo, prima della stola; i ministri dopo la tunicella o dalmatica.

Il manipolo, d’origine romana, deriva dalla mappa o mappula, una specie di fazzoletto da tasca usato dai nobili romani in certi costumi di gala (le alte cariche dello Stato, p. e. consoli in tenuta di cerimonia come risulta dai dittici consolari), tenuto in mano come oggetto di etichetta e solamente ad ornamento. Questa mappula decorativa venne da quella d’uso comune (Amalario, De eccl. off., II, cap. 24). Non si sa precisamente quando il manipolo sia entrato a far parte della suppellettile sacra. La prima notizia del m. diaconale si trova nella vita dei papi Silvestro I (314-324) e Zosimo (417-418) del Liber Pontificalis; si chiama «pallium linostimum» un tessuto di pregio, fatto di lana o di seta su trama di filo, dato a titolo di onore, da portarsi sulla mano sinistra. Il manipolo del Papa occorre nell’Ordo Romanus I (la cui consegna serve a dare segno d’incominciare il canto dell’Introito); il manipolo del suddiacono nell’Ordo Romanus VI; talvolta anche gli accoliti (Ordo Romanus V) usavano il manipolo ma non in mano, «in sinistro latere ad cingulum»; ed i monaci cluniacensi nelle feste; ma in seguito l’uso venne riservato ai monaci d’ordine maggiore (suddiaconi ecc.). Il m. era la prerogativa del clero romano, ma da s. Gregorio Magno, per le insistenze di Ravenna, fu concesso anche al solo primo diacono di quella Cattedrale. Nel secolo ix il manipolo si trova in uso dappertutto nell’Occidente. A Roma è chiamato mappula, fuori di Roma «manipolo»: quest’ultima denominazione divenne di regola; ricorrono altri nomi: fano (phano-panno) e mantile in Rabano Mauro, sudario in Amalario, sestace a San Gallo.

Fin oltre il 1100 (v. affresco del secolo xi di S. Clemente a Roma) si porta il manipolo nella mano sinistra; verso il secolo xii-xiii s’incominciò a fissare il manipolo sull’avambraccio. Il m. ritenne la forma antica di fazzoletto oltre il secolo ix; in seguito, ripiegato su se stesso, venne prendendo a poco a poco la forma di striscia o fascia; sul finire del secolo xiv diviene corrente la forma odierna. Al tempo d’Amalario, era fatto di lana; venne poi usata la seta; alle estremità si mettono frange, talvolta campanelli, ricami o trame in oro. La rubrica del Messale prescrive soltanto l’ornamento con un segno di croce in mezzo. Nel rito greco si trova un indumento corrispondente al manipolo, chiamato encheirion, proprio del solo vescovo, portato a destra nel cingolo, non nella o sulla mano; in seguito trasformato nell’epigonation romboidale (J. Braun [v. bibl.], pp. 550-54).

Bibl.: J. Braun, Die liturgische Gewandungim Occident und Orient nach Ursprung und Entwicklung, Verwendung und Symbolik, Friburgo in Br. 1907, pp. 515-561; L. Eisenhofer, Handbuch der kath. Liturgik, I, ivi 1932, pp. 449-452; M. Righetti, Manuale di storia liturgica, I, Milano 1945, pp. 498-500; T. Klauser, Der Ursprung der bischöflichen Insignien und Ehrenrechte (Bonner akadem. Reden, I), Krefeld 1949, pp. 17-22; A. Alföldi, Insignien und Tracht der römischen Kaiser, in Mitteilungen des deutschen archäologischen Instituts, Röm. Abt., 50 (1935), pp. 1-171.                                   Pietro Siffrin

Cfr. Enciclopedia Cattolica, VII, Città del Vaticano, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e il Libro Cattolico, 1951, coll. 1969-1970 (riprodotto in «Una Voce Notiziario», 58-61 ns, 2015-2016, pp. 10-11 link).

 

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[Carlo Belli,] Una figura esemplare

Il 13 maggio scorso1, UNA VOCE-Italia ha sofferto il suo lutto più grave per la morte del Presidente e Fondatore, don Filippo dei Duchi Caffarelli, Balì di Obbedienza del Sovrano Ordine di Malta, Ministro Plenipotenziario, Presidente onorario dell’Accademia Filarmonica Romana, e membro di vari Istituti culturali e di Enti benefici.

Egli si è spento tranquillamente, pur attivo fino agli ultimi giorni, accettando la morte con la convinzione del cattolico che non può essere colto da dubbio sulla realtà della vita eterna. Il suo transito, sostenuto dall’estremo Sacramento, è stato, per quanti erano presenti, una visione di calma e di serenità edificante.

Non occorre davvero che illustriamo a noi stessi la figura di Filippo Caffarelli, personalità notissima non solo tra i Romani, circondato ovunque da vasta cerchia di simpatie e da stima profonda per le sue doti preziose di cultura e di umanità. Fu proprio il desiderio di una più intensa partecipazione al vivere umano, e nello stesso tempo la insopprimibile tendenza agli studi, che gli fece abbandonare, ancora in giovane età, la carriera diplomatica nella quale si era pur distinto per perspicacia e signorilità, in varie sedi, e da ultimo come nostro ministro plenipotenziario a Stoccolma, dove per la sua preparazione e il suo tratto finissimo, aveva stretto numerose amicizie in quei circoli culturali.

Rientrato a Roma, seguì con instancabile zelo soprattutto le due attività cui aveva deciso di dedicarsi. Nel campo degli studi musicali – da cui proveniva, pur essendo laureato in utroque iure, nonché in scienze politiche e perfino esperto in agraria – curò la revisione critica di codici dei secoli XVI e XVII, e condusse con assai apprezzato apporto personale la edizione completa delle opere del Pergolesi, autore cui era particolarmente affezionato. Questa encomiabile attività umanistica era stata da ultimo coronata da una minuta, faticosa ricerca di musicisti italiani noti, meno noti e ignoti, le cui opere giacciono sepolte in archivi e biblioteche straniere. Con l’aiuto dell’apposita «Fondazione Aldobrandini», queste opere, rilevate in microfilms, verranno a costituire un corpus organico a disposizione degli studiosi.

Una così intensa attività culturale, diventava quasi otium supplementare rispetto al lavoro di volontariato che svolgeva giorno per giorno nel campo dell’assisten[1|2]za ospedaliera. Insignito di alta carica nel Militare Ordine di Malta, attendeva con scrupolo e passione al suo compito di Delegato Gran Priorale di Roma: un governo che tenne per lunghi anni con dedizione esemplare. La figura distinta, la patriarcale famiglia che aveva creato, la naturale affabilità dello spirito, lo resero caro a quanti lo conoscevano. E di questa stima e simpatia plebiscitaria di cui godeva si ebbe dimostrazione anche durante la Messa funebre, officiata da don Pablo Colino nella Basilica di San Lorenzo in Lucina, assistito dal Coro gregoriano di «Una Voce». Numerosissimi i membri della nostra Associazione venuti anche da varie città italiane, folte le rappresentanze dei Cavalieri di Malta in uniforme, del Corpo diplomatico, di Istituti culturali, e soprattutto una presenza dilagante di amici e conoscenti, compresi di commozione sincera, profonda.

Rimaniamo, noi di UNA VOCE-Italia con un gran vuoto nelle nostre file. Presidente nel 1966, anno della fondazione, Filippo Caffarelli resse il sodalizio con acuto senso della realtà, senza venir meno alla limpida intransigenza che era l’aspetto più genuino della sua profonda cattolicità; e nonostante questa fondamentale fermezza, seppe evitare, frenare e risolvere malintesi, impazienti attese e tensioni, imprimendo alla nostra condotta quella linea pacata e dignitosa che ci è da tutti riconosciuta, e alla quale l’Associazione intende rimanere fedele nel ricordo della cara, indimenticabile personalità del suo primo Presidente.

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1 1975 [NdR]

 

Cfr. «Una Voce Notiziario», 26-27, 1975, pp. 1-2, ripubblicato ivi, 63-64 ns, 2016, p. 5, e ivi, 76-79 ns, 2020, pp. 17-18.

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Messa in suffragio dei soci defunti

Nel mese di novembre 2022, per le cure dalla Parrocchia personale della Ss.ma Trinità dei Pellegrini in Roma, è stata celebrata una Messa in suffragio di tutti i soci di Una Voce Italia defunti.

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