l. Nozione e regole. Chiamiamo colori liturgici quelli che sono prescritti per i paramenti liturgici secondo il carattere del tempo o delle sacre funzioni. Nel rito romano ce ne sono cinque: il bianco, il rosso, il verde, il violetto e il nero. Il giallo e l’azzurro, che prima si potevano usare come colori particolari e in certi casi in vece di altri colori, furono dal Messale romano interamente e definitivamente aboliti; epperò anche la Congregazione dei Riti più volte dichiarò che ne è proibito l’uso1. Le regole per l’uso dei colori liturgici trovansi nel Messale e nel Rituale romano, aggiuntevi come dichiarazioni e complemento le decisioni della Congregazione dei Riti; e sono le seguenti.
Il tempo e le circostanze nei quali si devono usare paramenti di colore bianco sono le feste della SS. Trinità, di N. S. Gesù Cristo (eccettuate le feste in onore della sua Passione), del Corpus Domini; le feste della SS. Vergine, dei SS. Angeli, dei Santi Confessori, delle Sante (vergini e non vergini) non martiri; la festa della Natività di san Giovanni Battista, la festa principale di san Giovanni Evangelista, le feste di san Pietro in Vincoli, e della Cattedra di san Pietro, come pure della Conversione di san Paolo, di Ognissanti, il giorno della Dedicazione della Chiesa e il suo anniversario, il giorno della consacrazione di un altare, della
consacrazione del Papa, gli anniversari della elezione e incoronazione del Papa e della elezione e consacrazione del Vescovo, le Ottave e le Messe votive dei Santi e dei Misteri, alla cui festa compete il colore bianco; di più i giorni tra Pasqua e Pentecoste in cui non cade la festa di alcun Santo e la Messa degli sponsali. A
complemento delle prescrizioni del Messale, sono prescritti dal Rituale i paramenti bianchi per le funzioni del SS. Sacramento (processioni, benedizioni), nelle sepolture dei bambini battezzati morti prima dell’uso della ragione,
nell’amministrazione del Battesimo e del SS. Viatico, nella benedizione del matrimonio, come pure in tutte le benedizioni che non sono esorcismi o non abbiano un carattere simile. Nel dare la SS. Comunione in Chiesa fuori della s. Messa, il sacerdote può servirsi o di una stola bianca o di una stola del colore dell’uffizio del giorno2.
Sono prescritti i paramenti di colore rosso, nella vigilia, nella festa e nell’ottava di Pentecoste, nelle feste della Passione di N. S. e del Preziosissimo Sangue, dell’Invenzione e della Esaltazione della S. Croce, nelle feste e ottave degli Apostoli, eccetto alcune poche in cui è prescritto il colore bianco; nelle feste dei Santi Martiri (siano uomini o donne, vergini o non vergini), nella Messa per l’elezione del Papa, e nelle Messe votive dei Misteri o Santi alle cui feste compete il colore rosso. La festa dei SS. Innocenti ha il colore rosso se cade in domenica, se no il violetto; ma il giorno dell’ottava ha sempre il colore rosso.
Si devono usare paramenti verdi nelle domeniche e ferie tra le feste dell’Epifania e la Settuagesima, e tra la festa della SS. Trinità e l’Avvento, se in essi non cade alcuna festa. Però nei giorni delle tempora e nelle Vigilie con digiuno che cadono in quel tempo si deve usare il colore violetto e nelle domeniche che cadono in una ottava, il colore proprio dell’ottava3.
Devono usarsi paramenti violacei nelle domeniche e ferie di Avvento, e nel tempo tra la Settuagesima e Pasqua se si fa l’uffizio di esse (eccetto il Sabato Santo in cui per il canto dell’Exultet, la s. Messa e il resto del giorno è prescritto il colore bianco, come pure per la Messa e la consacrazione degli Olii santi al
Giovedì Santo); di più nelle tempora e vigilie con digiuno eccetto la vigilia e le tempora di Pentecoste, che hanno il colore rosso), nelle Messe delle Rogazioni, nelle Messe votive della Passione di N. S. e quelle che hanno carattere di penitenza o di supplicazione come la Messa «per qualunque necessità, per la remissione dei peccati, per i malati, per il tempo di guerra, per la pace, ecc.»; inoltre nella processione delle Rogazioni, per la benedizione delle Candele e la processione nel giorno della Purificazione, per la benedizione dei Fonti battesimali, nell’amministrazione dei Sacramenti della Penitenza e della Estrema unzione, negli esorcismi che precedono il battesimo e in generale in tutti gli esorcismi.
Il colore nero finalmente è prescritto nelle Messe dei Defunti, nella Messa dei Presantificati al Venerdì Santo, e nelle esequie di quelli che sono morti dopo l’uso della ragione.
2. Osservazioni intorno al canone dei colori. A chiarire e completare le regole precedenti aggiungeremo alcune osservazioni pratiche.
a) Il colore prescritto per un tempo o festa determinati è prescritto per la durata canonica (e non civile) di quel tempo o di quella festa. Quello che è stabilito per una funzione particolare si deve osservare tanto per quella funzione stessa, come anche per qualche altra che occorresse durante o immediatamente dopo quella; così nelle Messe votive e dei defunti la Comunione si deve dare con paramenti del colore della Messa, e non già del colore bianco o del tempo.
b) Alle prescrizioni del canone dei colori vanno soggetti la pianeta, la stola, il manipolo, il piviale, la calzatura e i guanti dei Vescovi, la dalmatica e la tunicella. Il cingolo e il conopeo ossia il velo del tabernacolo, dove c’è l’uso, possono essere del colore prescritto dal canone, ma non è necessario, ché possono anzi essere
sempre di colore bianco4. Neanche per il palliotto il colore del giorno non è del tutto necessario.
c) Nelle domeniche Gaudete (terza di Avvento) e Laetare (quarta di quaresima) secondo il Ceremoniale romano invece del colore violetto può usarsi il colore rosa5. Sotto il nome di color rosa di cui qui vi si parla non si deve tuttavia intendere un rosa puro, ma che si avvicina al violetto chiaro.
d) Il canone dei colori non determina nessuna sfumatura o tono di colore. Sono quindi permessi, per es., ogni specie di rosso, di verde, di violetto, tanto il violetto tendente al rosso, come il violetto azzurrognolo; tanto un puro e splendido verde, come un verde tendente al giallo; un rosso carminio come un rosso mattone; un bianco di neve o bianco di crema. Invece né stando al senso ordinario delle parole, né secondo la pratica della Chiesa, non si può far valere il verde per bianco neanche se per caso la sua vicinanza a un colore cupo, gli desse
un’apparenza di freschezza che ricordi il bianco; e così pure il color marrone non vale per violetto. Il definire che cosa si intenda per i colori compresi nel canone, che sia il colore ecclesiastico e che cosa si comprenda sotto ciascun colore o tono, non è cosa lasciata al gusto ed alla opinione di ognuno, ma si deve badare al senso ordinario delle parole come suonano nell’uso comune, ed alla pratica comune in uso sotto gli occhi della Chiesa, ed in ultima istanza, come a regola suprema, all’autorità superiore costituita per tutte le questioni che riguardano
il rito, cioè alla Congregazione dei Riti. I paramenti di stoffa d’oro possono usarsi invece dei rossi, verdi e bianchi, ma non in vece dei violetti o neri; i paramenti di stoffa di argento valgono per i paramenti bianchi6.
e) Non è richiesto che la stoffa dei paramenti sia di un solo colore; può essere di due, anzi di più colori, purché ve ne sia uno principale che predomini, e che questo sia annoverato tra i colori liturgici7. Ordinariamente il colore predominante è quello del fondo, e perciò da questo generalmente si determina il colore caratteristico della stoffa. Se però come può avvenire, il disegno predomina decisivamente, allora è evidente che il colore della stoffa dipende non dal fondo, ma dal disegno. E’ naturale che non si deve misurare il fondo e il disegno a decimetri e centimetri, ma con estimazione approssimativa.
E’ espressamente proibito di usare i paramenti sacri a due colori indifferentemente per l’uno o per l’altro8. Quindi non è lecito usare una pianeta
bianca a disegno rosso tanto per le feste che richiedono il colore bianco, come per quelle che richiedono il rosso. Ed è logico: imperocché o quel paramento ha un colore predominante e allora non può valere che per questo; o non ne ha
nessuno che predomini, e allora non avendo un colore caratteristico determinato, non può essere usato per nessuno dei colori che vi si trovano.
f) Il canone liturgico dei colori vale per i paramenti in quanto tali, non per le loro guarnizioni. Queste non determinano per niente il colore caratteristico del paramento; sono aggiunte e niente più; possono anche non mettersi, quello che non si può omettere è la stoffa del paramento. Né una qualche prescrizione o uso della Chiesa, né lo spirito del canone liturgico dei colori, richiedono che, come i paramenti, così anche le loro guarnizioni siano sottoposte alle regole ecclesiastiche dei colori. Sarebbe quindi ingiustificato il richiedere che su paramenti bianchi, verdi, rossi, ecc., si mettano solo guarnizioni bianche, verdi, rosse, ecc. E neanche non è necessario che le guarnizioni abbiano uno dei cinque colori liturgici; anzi niente si oppone a che il loro colore, il principale non sia liturgico.
g) Per i paramenti bianchi da usarsi nei giorni ordinari, che facilmente si insudiciano, i broccatelli di un leggero colore crema, o meglio ancora
operati in giallo, sono preferibili ai puramente bianchi. Invece per i paramenti rossi, violetti, verdi o neri, i broccatelli operati in giallo sono convenienti solo se il disegno spicchi moderatamente, ché altrimenti urta la varietà dei colori.
Generalmente per quei paramenti sono opportunissime stoffe di un solo colore, siano stoffe lisce o damascate, o velluti operati o no, ma in cui spicchi bene saturo il colore.
h) Quale tinta si abbia da preferire nei paramenti se di colori puri o digradati o di mezze tinte, perché i nostri tempi di coltura tanto sviluppata non mostrano nessun gusto per i colori puri. Infatti attualmente prevalgono i colori digradati. Ma si può far quistione se questa avversione sia cosa sana, o non piuttosto, come
varie altre della nostra coltura, qualche cosa di malaticcio, se invece di essere un progresso, non sia anzi un passo indietro. Inoltre essa è senza dubbio un punto di moda, a cui, finché un’altra non ne sorga, uno si adatta per non venire sospettato di mancare di buon gusto, o perché si lascia pigliare a qualche bella frase o asserzione risoluta di questo o di quello promotore della moda. A chi obbiettasse che il medio evo aveva pure i suoi paramenti a colori digradati, gli si potrebbe prima di tutto rispondere che gli antichi paramenti, ancora esistenti,
quanto a colore poco ci possono servire di norma; perché appena più ce ne restano che non siano interamente sbiaditi, specialmente il rosso e il verde. Inoltre quell’obbiezione mostra la poca conoscenza della vivacità di colori
nel medio evo: se si usavano nei paramenti specialmente delle stoffe a mezza tinta, ciò avveniva perché non si avevano tanto facilmente a propria disposizione delle stoffe a colori puri; ché dove se ne avevano, erano usate tanto quanto le altre. Come la si pensasse nel medio evo in fatto di colori e quanto si amassero i colori vivaci e freschi, lo mostrano, per esempio, in modo molto sensibile le miniature francesi dei secoli XIII e XIV che notoriamente sono delle meglio fatte.
Se dobbiamo dare una regola generale per riguardo ai colori delle stoffe per paramenti, sia questa: si scelga la stoffa con riguardo alle circostanze particolari in cui il paramento avrà da servire, e si vegga nei singoli casi se sia più opportuno una stoffa a colori puri o digradati. Vale anche qui l’assioma che una stessa cosa non conviene in tutti i casi.
3. Storia del canone dei colori. Si è detto che nei tempi precostantiniani e fino anche nei precarolingi, il bianco fosse il solo colore liturgico che in tutto dominava. Ma a torto. Per ciò che riguarda i tempi precostantiniani, può darsi benissimo che il bianco fosse preferito per le vesti liturgiche – non si può nulla stabilire con certezza in questo – ma non si può dire per niente che il colore bianco in quell’epoca della Chiesa fosse il solo colore permesso nei vestiti liturgici, ossia il solo colore liturgico. Quanto alla seconda epoca, da Costantino ai Carolingi, il bianco era tanto poco il solo colore liturgico, che nei monumenti anche i migliori e i più sicuri, le pianete sono, quasi senza eccezione, colorate.
Una prima traccia di un colore liturgico ci si presenta nel sec. IX. Da un ordo romano di quel tempo e dallo scritto De divinis officiis dello Pseudo-Alcuino vediamo che nella processione della Purificazione e nelle cerimonie del Venerdì Santo si portavano allora paramenti neri; da quanto tempo non si sa: però
quell’uso può essere tanto antico quanto quelle funzioni. Inoltre sappiamo da un elenco delle vesti liturgiche usate a Roma, contenuto in una copia del sec. X, ma che già esisteva nel sec. IX, che il Papa nelle feste di Natale, di Pasqua e del Principe degli Apostoli e nell’anniversario della sua consacrazione si serviva
di una pianeta di colore diverso dal solito9.
Questi sono i principii, dai quali poi nel corso del sec. XII si sviluppò a Roma la regola attuale dei colori: verso il 1200 essa era già finita. Si è attribuito lo stabilimento del canone a Innocenzo III, ma a torto, Innocenzo III è certamente il primo che ci faccia conoscere il canone romano dei colori già compiuto; ma
basta leggere interamente e con un po’ di attenzione il suo lavoro, per subito capire che quel Papa non vuol descrivere ciò che egli stesso ha fatto, ma ciò che ha trovato già in uso nella Chiesa romana. Il canone dei colori che conosciamo da Innocenzo III non differisce dall’attuale se non in cose di poca importanza. Per le feste dell’Invenzione e dell’Esaltazione della S. Croce vi è notato accanto al
colore bianco anche il rosso, il bianco però vi è dato come più opportuno. Per il tempo della Quaresima e dell’Avvento è indicato il colore nero, per la domenica Laetare il nero o meglio il violetto. Nella festa dei SS. Innocenti si portavano a Roma paramenti violacei, non neri o rossi come fuori di Roma. Al colore rosso è
considerato come affine lo scarlatto, al verde il giallo, e al nero il violetto. Fuori di Roma si usava invece il giallo per i SS. Confessori. Il colore azzurro manca interamente nel canone di Innocenzo III. Un canone romano del sec. XIV che trovasi nell’ordo di Giacomo da Gaeta, non ha più il giallo, e in quello che S.
Pio V inserì nel Messale romano, il violetto e il nero sono distinti come due colori indipendenti.
Il canone dei colori liturgici che si formò a Roma nel sec. XII è frutto di tempi in cui tanto dominava la tendenza a tutto simboleggiare. Venne fuori tutto intero da quel fondo di mistiche contemplazioni che trovavano o volevano trovare una certa parentela tra il carattere dei varii colori e il loro effetto sugli animi da una
parte, e tra il colorito spirituale delle varie feste della Chiesa e il loro particolare significato religioso dall’altra. Ma appunto per questo non fu solo a Roma che si formò un canone liturgico di colori: lo stesso anzi accadde nello stesso tempo anche fuori di Roma e spesso in modo indipendente dall’uso romano. Può
darsi anzi che il canone di Innocenzo non sia neanche il più antico, ma sia stato preceduto dal canone non ancora interamente compito della Chiesa del S. Sepolcro a Gerusalemme.
Circa lo sviluppo del canone dei colori sono molto istruttivi i canoni inglesi dei secoli XIII e XIV. Pare da essi che da principio solo le feste di carattere più marcato avessero un colore corrispondente alla loro significazione, o bianco o rosso o nero (oscuro): poiché dapprima questi erano i soli colori liturgici. Per
gli altri giorni il colore dei paramenti rimase ancora indeterminato; ma a poco a poco parve cosa più opportuna stabilire anche per essi colori particolari, e si presero quei colori che sembravano qualche cosa di mezzo tra il bianco, il roso e il nero, cioè il verde e il giallo, e in alcuni luoghi anche l’azzurro: e insieme si
aggiunse al colore nero, come affine, il violetto, specialmente per i giorni e le funzioni che avessero un carattere di penitenza meno pronunziato.
Delle regole liturgiche per i colori non si hanno del medio evo in troppo grande quantità: sono però in numero sufficiente da darci un’idea della grande varietà di colori che si usavano allora. Appena uno o due canoni che ne abbiano uno simile. Le regole liturgiche dei colori non sembrano avere avuto nel medio evo una forza strettamente obbligatoria: erano piuttosto usanze che leggi, e quindi
poco fisse, perché dipendevano molto dalle consuetudini e dal modo di vedere locali: e ancora verso il principio del sec. XVI vi erano delle Chiese che non avevano adottato il canone liturgico in generale o almeno in pratica non se ne davano pensiero, ma quasi senza tenere conto del colore, badavano anzitutto alla qualità del paramento. Anzi si diede anche il caso che nell’usare i paramenti si badasse non al Mistero o Santo di cui si faceva la festa, ma alla divisione dei giorni in doppi, semidoppi e feriali. Perfino in un inventario di Heilsberg del 1581 si trovano ancora delle indicazioni come queste: I pianeta di raso bruno, che si usa quando è rito doppio: item I pianeta bleu con fiori per le feste semidoppie: I pianeta rossa per tutti i giorni. Quanto poco fin anche nel basso medio evo qua e là si badasse al colore come norma per l’uso dei paramenti, lo mostra tra gli altri un inventario molto interessante di S. Michele di Zeitz (Sassonia) del 1541, che nota per le feste degli Apostoli due pianete verdi, due rosse, due azzurre e una bruna, per le ferie una bruna, una rossa e una nera.
Di grande importanza per la storia del canone dei colori nei tempi moderni, fu che S. Pio V inserì il canone romano tra le rubriche generali del Messale. Con ciò fu dato al canone una forza obbligatoria generale; poiché il Messale approvato da Pio V doveva introdursi dovunque non vi fosse un rito particolare che datasse già da 200 anni. Ci volle però molto tempo perché fosse ricevuto in Francia, dove la regola locale dei colori si conservò in parte fino verso la metà del sec. XIX; laddove fuori di Francia, l’uso romano era accettato dappertutto subito dopo il principio del sec. XVII, anche nel rito mozarabico. Ai giorni nostri
solo il rito Ambrosiano ha ancora un canone suo particolare di colori.
La diversità di uso riguardo al canone dei colori era anticamente, come già dicemmo, estremamente grande. Le sole feste in cui ci fosse perfetta conformità erano oltre alle feste delle Sante Vergini in cui si usava il colore bianco, la festa di Pentecoste e quelle dei Santi Martiri come pure delle Martiri non Vergini, che avevano dappertutto il colore rosso, mentre nelle feste delle Vergini Martiri, si usava ora il bianco ora il rosso. C’era anche quasi intera conformità per le feste di Pasqua, dell’Ascensione e quelle della Madre di Dio. Solo isolatamente si vedono il rosso e il verde per Pasqua, il verde per l’Ascensione, l’azzurro e il rosso per le feste della Madonna. Per il Natale predomina il bianco: ma vi era anche la consuetudine di usare tre colori diversi per le tre Messe, così a Ellwangen (il bianco, il rosso, il violetto), a Lione (violetto, bianco, rosso); ad Evesham (Inghilterra) nella Messa solenne si usava perfino una pianeta
nera. In qualche luogo vi era l’uso particolare di servirsi durante la Quaresima oltreché del violetto e del nero anche del bianco: così specialmente in Germania; mentre in Francia si adoperavano in quello stesso tempo volentieri paramenti colore cenere oscuro. Per la festa della SS. Trinità ci era molta varietà di colori:
qui il bianco, lì il giallo, il bleu, altrove il violetto, il verde o il rosso, quasi tutta la scala dei colori. Nelle feste dei SS. Confessori si usava, sebbene solo isolatamente, perfino il nero; nelle feste delle Sante non vergini né martiri più specialmente il violetto, però anche il bianco, il rosso, il verde, ecc.
E’ istruttivo il confronto tra il canone romano con quello di Ellwangen del 1574:
quest’ultimo ammette sette colori: il bianco, il rosso, il verde, il giallo, il violetto, il nero e il cenerognolo.
Si adoperavano paramenti bianchi nel tempo pasquale non eccettuate la festa di S. Marco e la processione delle Rogazioni, nel giorno dell’Ascensione, del Corpus Domini, nelle feste di Maria Santissima e delle Sante Vergini, nella prima Messa di Natale, nella benedizione dei Fonti battesimali, nella Messa del Sabato Santo e nella vigilia di Pentecoste.
Si usava il colore rosso nella seconda Messa di Natale, nelle feste degli Apostoli, dei Martiri, dei SS. Innocenti, nel tempo della Passione compreso il Giovedì Santo, a Pentecoste, e quello che è degno di nota, anche nel giorno della Visitazione di Maria SS., per riguardo a quello che dice il S. Vangelo che S.
Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo nell’incontro con Maria Santissima.
I paramenti verdi servivano nella benedizione del Cero Pasquale, nelle feste dei Santi Confessori, come pure delle Santi non vergini né martiri, eccetto quelle di S. Anna e di S. Elisabetta di Turingia che avevano il colore violetto.
I paramenti violacei erano prescritti per i primi Vespri e la terza Messa di Natale, nella domenica e nelle ferie nell’ottava di Natale e tra l’ottava dell’Epifania e la Settuagesima. I paramenti neri si dovevano usare nell’Avvento, nel tempo tra la Settuagesima e la domenica di Passione, per tutte le vigilie con digiuno, per le profezie al Sabato Santo e alla vigilia di Pentecoste, nelle processioni del lunedì, mercoledì e venerdì di Quaresima e nelle funzioni per i defunti.
I paramenti di colore cenere erano riservati al mercoledì delle Ceneri. Per le domeniche dopo Pentecoste non è indicato il colore dei paramenti; se però al mercoledì e al venerdì si ripeteva l’ufficio della domenica, si dovevano usare i paramenti neri.
4. Il canone liturgico dei colori ed i colori delle vesti sacre dell’Antico Testamento. Si è detto da taluni che i colori liturgici si siano introdotti sull’esempio dei colori delle vesti sacre dell’Antico Testamento. Ma questo è da negare non solo per quello che sappiamo del graduale sviluppo del canone liturgico dei colori, ma anche per la profonda differenza che corre tra quelli e i colori delle vesti sacre nel culto mosaico. Quelli tra colori principali e affini mostrano intera la scala dei colori, questi si limitano al bianco, allo scarlatto e a
due specie di color porpora. Di più quelli devono estendersi a tutte le parti del paramento sottoposte alla regola dei colori, invece nel rito mosaico alcuni dei vestiti non hanno che un solo dei quattro colori, altri invece due od anche tutti e quattro. Finalmente quelli fin da principio si cambiarono secondo i tempi e le
circostanze, nel rito mosaico invece erano gli stessi per tutti i giorni, tranne il giorno del gran perdono in cui non si dovevano mettere che vestiti bianchi. Non è dunque una rimembranza dei colori del vestimento del culto mosaico che ha originato i nostri colori liturgici: ciò che li ha fatti adottare fu, come già dicemmo, la tendenza ad esprimere anche col colore dei paramenti il carattere e il senso delle solennità.
5. Simbolismo dei colori. Il significato simbolico che a Roma verso il 1200 fu annesso ai colori liturgici e che ivi e altrove servì di norma per fissare quegli stessi colori, fu ampiamente esposto da Innocenzo III. La sua esposizione per la semplicità fa un gradevole contrasto colle spiegazioni troppo esagerate e poco obbiettive che si trovano ora non solo in libri di divozione, ma anche in quelli di liturgia; ci indica per conseguenza qual sia il miglior modo di spiegare al popolo i colori liturgici per guidarlo a capire la loro significazione e il loro uso nelle singole feste.
Secondo Innocenzo III il colore bianco nelle feste dei Santi Confessori e delle Vergini è simbolo di integrità e di purezza: egli si appoggia sulle parole della S. Scrittura: Nam candidi facti sunt Nazareni eius (cioè i Confessori)10 e: Ambulabant semper cum eo in albis: virgines enim sunt et seguuntur agnum quocumque ierit11. Il bianco è pure simbolo di purezza da ogni macchia nelle feste dei SS. Angeli, della Natività di S. Giovanni Battista e specialmente nella festa della Natività di G. Cristo. Nella festa dell’Epifania, il bianco è simbolo della stella brillante che condusse i Re Magi al presepio, e nella festa della Purificazione è insieme simbolo della purezza di Maria SS., di Gesù Cristo, come luce che illumina i pagani e della esaltazione del popolo di Israele. Nel Giovedì Santo si usa il colore bianco, secondo Innocenzo III tanto per ragione della consacrazione del sacro crisma che ha per iscopo la purificazione e santificazione delle anime, come anche per la lavanda dei piedi, di cui parla il Vangelo del giorno e che è una raccomandazione di curare la purezza dell’anima. A Pasqua i paramenti bianchi ricordano i messaggeri di allegrezza della Risurrezione, gli Angeli in bianche vesti, i quali diedero alle pie donne la lieta notizia che il Salvatore era risorto; nel giorno dell’Ascensione ricordano le bianche nubi sulle quali il Salvatore fu levato in Cielo e insieme i due Angeli che consolarono i radunati sul Monte degli Ulivi della partenza del Salvatore; nella
festa della Dedicazione della Chiesa ci dicono che la Chiesa è la sposa immacolata di Cristo; nella festa di Ognissanti parlano della gloria e della beatitudine degli Eletti, che S. Giovanni nell’Apocalisse vide stare dinanzi al trono dell’Agnello in bianche vesti, e portanti palme nelle mani.
Il colore rosso, secondo Innocenzo III, nelle feste degli Apostoli e dei Martiri significa che essi sparsero il loro sangue per Cristo; nelle feste della Invenzione e della Esaltazione della S. Croce ricordano il Sangue preziosissimo di G. C. versò per noi sulla Croce; nel giorno della Pentecoste è simbolo delle lingue di fuoco, nella qual forma lo Spirito Santo discese sopra gli Apostoli; nelle feste delle Vergini martiri significa la perfetta carità che le spinse a dar la vita per Cristo, e che supera in valore e dignità la stessa verginità.
La ragione per cui è assegnato il colore nero al tempo dell’Avvento e tra la Settuagesima e Pasqua è secondo Innocenzo che esso esprime lo spirito di penitenza, di espiazione, di dolore, proprio di quel tempo. Anche nelle funzioni per i defunti e dove si usano i paramenti neri per la festa dei SS. Innocenti, il nero è simbolo di dolore.
Sull’uso del colore violetto, Innocenzo III non dà spiegazione mistica, ma si contenta di indicarlo come colore affine al nero ad esso sostituito. Durando indica come ragione per cui in certi giorni (accennati di sopra) si usa il violetto la circostanza che esso appare colore smorto e simile a quello dell’ecchimosi. Dell’umile violetta non c’è verbo neanche nel basso medio evo a proposito dei paramenti violacei: è questa una spiegazione dei tempi nostri, e veramente poco felice, ché il violetto non significava per nulla l’umiltà, neanche dove erano anticamente in uso nelle feste dei Confessori e delle Sante né vergini né martiri; fu piuttosto in ogni tempo simbolo di penitenza, di afflizione, di espiazione, di
rassegnazione. E’ molto istruttivo per la storia dell’origine del canone dei colori il modo con cui Innocenzo tratta il colore verde. Del verde della speranza e di simili più o meno poetiche sposizioni, non c’è traccia alcuna. Si usa il verde, dice egli, quia viridis color medius est inter albedinem et nigredinem et ruborem. E vuol dire: vi sono giorni che non hanno un carattere così espresso che loro si convenga più il bianco, il rosso o il nero: si prende quindi un colore loro confacente, che quanto a significazione e tono sia qualche cosa di mezzo tra il
bianco, il rosso e il nero, cioè il verde. Questa spiegazione è un po’ meno poetica di quelle che si trovano attualmente tra i liturgisti, ma ci dà senza dubbio il motivo preciso per cui il verde fu annoverato tra i colori liturgici. Certamente si può applicare anche al colore giallo ciò che Innocenzo dice del verde; però nota
egli stesso espressamente che veramente qua e là il giallo, si usava invece del verde come colore affine.
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1 Decr. auth., n. 2704, 2788, 3082, 3191, 3779.
2 Decr. auth., n. 2740.
3 E’ noto come la Bolla Divino afflatu del 1° nov. 1914 ha introdotto alcune modificazioni anche riguardo a questo punto. Cf. Rubric. Ad normam Bullae «Divino afflatu» tit. X, n. 4 (N. d. T.).
4 Decr. auth., n. 2194, 3035.
5 L. 2, c. 13, n. 11.
6 Decr. auth., n. 3145, 3149, 3646.
7 Decr. auth., n. 2769
8 Ibid., n. 2675, 2682, 2769.
9 Questo catalogo si trova nella biblioteca capitolare di S. Gallo. Avremo ancora più volte occasione di citarlo e per brevità lo chiameremo Catalogo di S. Gallo.
10 Treni. 4. 7.
11 Apoc. 3. 4; 14. 4
Cfr. G. Braun, I paramenti sacri loro uso storia e simbolismo, trad. it. G. Alliod, Torino, Marietti, 1914, pp. 38-46, riprodotto in «Una Voce Notiziario», 67-69 ns, 2018, pp. 14-16 (pp. 38-42) e ivi, 89-91, 2023, pp. 6-10 (pp. 42-46).