Card. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa, XL

Card. Prospero Lambertini / Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa 40

[Camice]

Card. Prospero LambertiniXL. Il secondo sacro indumento è il camice, chiamato altresì albacamisiacamisius, dai greci poderis, dagl’italiani camice. Nell’Ordine romano si parla del camice: «Lineam dalmaticam, quam dicimus albam» e negli atti proconsolari di s. Cipriano vescovo e martire appresso il Ruinart leggesi: «Et cum se dalmatica expoliasset, et diaconibus tradidisset in linea stetit, et coepit spiculatorem sustinere»: la qual parola linea benché sia intesa dal cardinal Baronio all’anno di Cristo 261 num. 40 che voglia significare il rocchetto più comunemente però vien ispiegata, che voglia significare il camice; sì perché allora non era in uso il rocchetto; sì perché come abbiamo veduto poc’anzi, gli ecclesiastici usavano comunemente il camice come abito usuale: tanto più poi che abito usuale era ancora la dalmatica di cui fu spogliato; essendo stata la dalmatica nel suo principio una certa sorte di vestito ritrovata nella Dalmazia, di cui ancora si servivano i re, scrivendo Lampridio di Comodo che comparve in pubblico vestito colla dalmatica e soggiungendo Giulio Capitolino che l’imperatore Pertinace si fece vedere colla dalmatica; come anche eruditamente afferma lo stesso cardinal Baronio nelle Note al martirologio romano al giorno 31 di maggio. Amalario nel lib. 2 De eccles. offic. parla pure del camice nel modo seguente: «postea camisiam induimus quam albam vocamus». Nel libro pontificale nella Vita di Benedetto III abbiamo che nel tempo del suo pontificato il re de’ sassoni mandò a regalare alla chiesa di s. Pietro «camisias albas sigillatas olosericas cum crisoclavo»: e benché il Casaubono sia di sentimento che fossero camicie per ornare il tempio, il Ferrario però nel lib. 3 De re vestiaria al cap. 5 pienamente comprova ch’era per uso de’ sacerdoti. Nel libro De divinis officiis attribuito ad Alcuino si fa menzione del poderis  colle seguenti parole: «poderis quae vulgo alba dicitur»: e l’etimologia del poderis deriva da podas che appresso i greci significa i piedi essendo il camice una veste, che discende fino ai piedi. Ed Ottavio Ferrari nell’Origine della lingua italiana c’insegna, chiamarsi questa veste camice con piccola mutazione della parola camicia. Il camice è di lino, e deve essere tale e non si lana; onde s. Gregorio  in Ezechielem al lib. 1 omel. 11 lasciò scritto: «Grossiora quippe vestimenta sunt lanea; sed cum sacerdos ad sacrum ministerium accedit idest cum intus per compunctionem ingreditur, subtiliori intellectu necesse est, quod ipse quasi lineo vestimento vestiatur»; deve il camice essere bianco; per lo che s. Girolamo nel lib. 1 adversus Pelagium disse essere cosa convenientissima all’onore di Dio che «episcopus, presbyter, diaconus et reliquus ordo ecclesiasticus in administratione sacrificiorum cum candida veste procedant». Anticamente nel venerdì santo i sacerdoti si servivano d’un camice di color nero: ed in alcuni camici si veggono intrecciati alcuni lavori di ricamo nelle maniche, nel petto, nelle spalle e nelle falde; e quest’usanza ancor oggi si mantiene in alcune chiese de’ regolari, e nella cappella pontificia, come ben osservano il Magri nella parola alba, ed il Clericato nella cit. decis. 50 num. 25 e seguenti. Due moderni eruditi, cioè il Fleury nell’opera sua De’ costumi degli antichi cristiani, ed il P. Le Brun nel tom. 1 pag. 45 comprovano che il camice era un ornamento assai particolare delle persone laiche di condizione; leggendosi che l’imperatore Aureliano fece ai romani il donativo delle tonache bianche, essendo passato poi il camice ad essere indumento proprio delle funzioni ecclesiastiche: e se prestiamo fede allo stesso Fleury nella Storia ecclesiastica al lib. 20 num. 23 la prima memoria che abbiamo del camice destinato pel servizio dell’altare è nel concilio quarto cartaginese tenuto alla fine del secolo quarto; ed il camice è stato altre volte veste propria anche ne’ ministri inferiori, cioè degli ostiari, dei lettori, degli esorcisti e degli accoliti: e gli accolite de’ PP. domenicani ancor oggi se ne servono; ed il Saussajo nella Panoplia clericale alla part. 1ª lib. 5 cap. 5 § Nec ritus, osserva essere stata sostituita la cotta al camice in questi ministri inferiori, acciocché fossero più spediti nel camminare, e nell’adempiere le altre loro incombenze.

 

Cfr. P. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa secondo l’ordine del Calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, pp. 35-37.

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In memoriam Don Rino Lavaroni

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Il 15 agosto 2024, giorno dell’Assunzione della Beata Vergine in cielo, dopo lunga malattia è mancato ai vivi don Rino Lavaroni, per oltre quindici anni cappellano della Sezione di Udine di Una Voce Italia per la celebrazione della Messa tridentina alle chiese cittadine di S. Spirito e di S. Bernardino da Siena.

L’associazione tutta partecipa al lutto dei Soci udinesi, dei congiunti e amici del Defunto, e si unisce alla preghiera di suffragio.

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Enrico Dante, Borsa

BORSA. – Per custodire con decenza e riverenza il corporale, quando fu ridotto alle dimensioni attuali, è stata introdotta la borsa. Anticamente il corporale si custodiva in apposite scatole-cassette, oppure si portava all’altare entro il Liber Sacramentorum. La borsa è oggi formata da due cartoni uniti ed aperti da un lato. Deve essere ricoperta, almeno da una parte, di stoffa del colore e della materia dei paramenti sacri. L’interno può essere di seta o di lino. Non è necessario che vi sia sopra la croce, ma può essere ornata in vario modo. Il suo uso non è molto antico; il Gavanto la fa risalire al Concilio di Reims (secolo xi). Oggi è obbligatoria secondo le prescrizioni delle rubriche del Messale. L’uso di distribuire la comunione fuori della Messa ha portato anche l’obbligo per il sacerdote di portare da sé all’altare la borsa con il corporale: essa è la stessa di quella della Messa e deve essere del colore della stola. Per portare la comunione agli infermi si usa pure un’altra borsa di seta bianca, con un fondo rotondo e forte per sostenere la pisside o la piccola teca delle particole, chiusa all’estremità superiore da un cordone da appendersi al collo. Essa non deve servire per portare l’Olio Santo, per il quale se ne usa una violacea. Va ricordato infine il divieto fatto dalla S. Congregazione dei Riti di usare le borse destinate ai corporali per raccogliere le elemosine.

Bibl.: G. Braun, I paramenti sacri, Torino, 1914, p. 93.                                         Enrico Dante

 

Cfr. Enciclopedia Cattolica, II, Città del Vaticano, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e il Libro Cattolico, 1949, coll. 1934-1935 (riprodotto in «Una Voce Notiziario», 56-57 ns, 2014-2015, p. 17 link)

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15 agosto 2024 Assunzione


Assúmpta est María in cælum : gaudet exércitus Angelórum.

 

15 Agosto diciottesimo delle Calende di Settembre

Giovedì

Assunzione della Beata Vergine Maria

Doppio di prima classe con Ottava comune. Messa «Gaudeámus … Maríæ».

 

 

Die  15 Augusti

IN  ASSUMPTIONE

BEATÆ  MARIÆ  VIRGINIS

 Duplex I classis cum Octava communi

Introitus

GAudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre beátæ Maríæ Vírginis : de cujus sollemnitáte gaudent Angeli et colláudant Fílium Dei. Ps. 44, 2.. Eructávit cor meum verbum bonum : dico ego ópera mea Regi. V). Glória Patri. Gaudeámus.

Oratio

FAmulórum tuórum, quaésumus Dómine, delíctis ignósce :  ut qui tibi placére de áctibus nostris non valémus, Genitrícis Fílii tui Dómini nostri intercessióne salvémur : Qui tecum.

Léctio libri Sapiéntiæ
Eccl. 24, 11-13 et 15-20

IN ómnibus réquiem quæsívi, et in hereditáte Dómini morábor. Tunc præcépit, et dixit mihi Creátor ómnium et qui creávit me, requiévit in tabernáculo meo, et dixit mihi : In Jacob inhábita, et in Israël hereditáre, et in eléctis meis mitte radíces. Et sic in Sion firmáta sum, et in civitáte sanctificáta simíliter requiévi, et in Jerúsalem potéstas mea. Et radicávi in pópulo honorificáto, et in parte Dei mei heréditas illíus, et in plenitúdine sanctórum deténtio mea. Quasi cedrus exaltáta sum in Líbano, et quasi cypréssus in monte Sion. Quasi palma exaltáta sum in Cades, et quasi plantátio rosæ in Jéricho. Quasi olíva speciósa in campis, et quasi plátanus exaltáta sum juxta aquam in platéis. Sicut cinnamómum et bálsamum aromatízans odórem dedi : quasi myrrha elécta dedi suavitátem odóris.

Graduale. Ps. 44, 5, 11 et 12. Propter veritátem, et mansuetúdinem, et justítiam, et dedúcet te mirabíliter déxtera tua. V). Audi fília, et vide, et inclína aurem tuam : quia concupívit rex spéciem tuam.

Allelúja, allelúja. V). Assúmpta est María in cælum : gaudet exércitus Angelórum. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Lucam                     Luc. 10, 38-42

IN illo témpore : Intrávit Jesus in quoddam castéllum : et múlier quædam, Martha nómine, excépit illum in domum suam : et huic erat soror nómine María, quæ étiam sedens secus pedes Dómini, audiébat verbum illíus. Martha autem satagébat circa frequens ministérium : quæ stetit et ait : Dómine, non est tibi curæ, quod soror mea réliquit me solam ministráre? dic ergo illi, ut me ádjuvet. Et respóndens, dixit illi Dóminus : Martha, Martha, sollícita es et turbáris erga plúrima : porro unum est necessárium. María óptimam partem elégit, quæ non auferétur ab ea.

Credo, per totam Octavam.

Offertorium. Assúmpta est María in cælum, gaudent Angeli, collaudántes benedícunt Dóminum, allelúja.

Secreta

SUbvéniat, Dómine, plebi tuæ Dei Genitrícis orátio : quam etsi pro conditióne carnis migrásse cognóscimus, in cælésti glória apud te pro nobis intercédere sentiámus. Per eúndem Dóminum.

Præfatio de B. Maria Virg. Et te in Assumptióne : quæ dicitur per totam Octavam in omnibus Missis quæ aliam Præfationem non exigant, juxta Rubricas.

PEr ómnia saécula sæculórum.
R). Amen.
V). Dóminus vobíscum.
R). Et cum spíritu tuo.
V). Sursum corda.
R). Habémus ad Dóminum.
V). Grátias agámus Dómino Deo nostro.
R). Dignum et justum est.

VEre dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper, et ubíque grátias ágere : Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus : Et te in Assumptióne beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit : et virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Jesum Christum Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam láudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Cæli, cælorúmque Virtútes, ac beáta Séraphim, sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces, ut admítti júbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes :

Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis.

Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Communio. Luc. 10. 42. Optimam partem elégit sibi María, quæ non auferétur ab ea in ætérnum.

Postcommunio

MEnsæ cæléstis partícipes effécti, implorámus cleméntiam tuam, Dómine Deus noster : ut, qui Assúmptionem Dei Genitrícis cólimus, a cunctis malis imminéntibus, ejus intercessióne liberémur. Per eúndem Dóminum.

Infra Octavam Missa dicitur ut in Festo; et pro Orationibus juxta diver­sitatem Temporum assignatisdicitur 2ª Oratio de Spiritu Sancto, et 3ª contra persecutores Ecclesiævel pro Papa supra.

 

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10 agosto 2024 San Lorenzo

Levíta Lauréntius bonum opus operátus est : qui per signum crucis cæcos illuminávit.

 

10 Agosto quarto delle Idi

Sabato

San Lorenzo Martire

Doppio di seconda classe con Ottava semplice. Paramenti rossi. Messa «Conféssio». Nell’Alma Urbe e nel suo Distretto si omette la commemorazione dell’Ottava della Trasfigurazione, Titolare principale della Cattedrale di Roma, ma si dice il Credo con il Prefazio della stessa Ottava.

 

 

Die  10  Augusti

S.  Laurentii  Martyris

Duplex II classis cum  Octava  simplici

Introitus                                                                                                    Ps. 95, 6

COnféssio et pulchritúdo in conspéctu ejus : sánctitas et magnificéntia in sanctificatióne ejus. Ps. ibid., 1. Cantáte Dómino cánticum novum : cantáte Dómino, omnis terra. V). Glória Patri. Conféssio.

Oratio

DA nobis, quaésumus, omnípotens Deus : vitiórum nostrórum flammas exstínguere; qui beáto Lauréntio tribuísti tormentórum suórum incéndia superáre. Per Dóminum.

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli
ad Corínthios        II Cor. 9, 6-10

FRatres : Qui parce séminat, parce et metet : et qui séminat in benedictiónibus, de benedictiónibus et metet. Unusquísque prout destinávit in corde suo, non ex tristítia aut ex necessitáte : hílarem enim datórem díligit Deus. Potens est autem Deus omnem grátiam abundáre fácere in vobis, ut, in ómnibus semper omnem sufficiéntiam habéntes, abundétis in omne opus bonum, sicut scriptum est : Dispérsit, dedit paupéribus : justítia ejus manet in saéculum saéculi. Qui autem adminístrat semen seminánti : et panem ad manducándum praestábit, et multiplicábit semen vestrum, et augébit increménta frugum justítiæ vestræ.

Graduale. Ps. 16, 3. Probásti, Dómine, cor meum, et visitásti nocte. V). Igne me examinásti, et non est invénta in me iníquitas.

Allelúja, allelúja. V). Levíta Lauréntius bonum opus operátus est : qui per signum crucis cæcos illuminávit. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Joánnem            Joann. 12, 24-26

IN illo tempóre : Dixit Jesus discípulis suis : Amen, amen, dico vobis, nisi granum fruménti cadens in terram, mórtuum fúerit, ipsum solum manet : si autem mórtuum fúerit, multum fructum affert. Qui amat ánimam suam, perdet eam : et qui odit ánimam suam in hoc mundo, in vitam ætérnam custódit eam. Si quis mihi minístrat, me sequátur : et ubi sum ego, illic et miníster meus erit. Si quis mihi ministráverit, honorificábit eum Pater meus.

Credo.

Offertorium. Ps. 95, 6. Conféssio et pulchritúdo in conspéctu ejus : sánctitas, et magnificéntia in sanctificatióne ejus.

Secreta

ACcipe, quaésumus, Dómine, múnera dignánter obláta : et, beáti Lauréntii suffragántibus méritis, ad nostræ salútis auxílium proveníre concéde. Per Dóminum.

Præfatio de Nativitate.

PEr ómnia saécula sæculórum.
R). Amen.
V). Dóminus vobíscum.
R). Et cum spíritu tuo.
V). Sursum corda.
R). Habémus ad Dóminum.
V). Grátias agámus Dómino Deo nostro.
R). Dignum et justum est.

VEre dignum et justum est, æquum et salutáre : nos tibi semper, et ubíque grátias ágere : Dómine sancte, pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium, nova mentis nostræ óculis lux tuæ cla­ritátis infúlsit ut, dum visibíliter Deum cognósci­mus, per hunc in invisibílium amórem rapiámur. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Do­mina­tiónibus, cumque omni milítia cæléstis exércitus, hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes :

Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis.

Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Communio. Joann. 12, 26. Qui mihi minístrat, me sequátur : et ubi ego sum, illic et miníster meus erit.

Postcommunio

SAcro múnere satiáti, súpplices te, Dómine, deprecámur : ut, quod débitæ servitútis celebrámus offício, intercedénte beáto Lauréntio Mártyre tuo, salvatiónis tuæ sentiámus augméntum. Per Dóminum.

¶ Infra Octavam S. Laurentii nihil fit de ea; sed, si celebretur Missa votiva de eodem S. Laurentio, in ea dicitur Glória in excélsis.

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Giuseppe Braun, I colori liturgici

l. Nozione e regole. Chiamiamo colori liturgici quelli che sono prescritti per i paramenti liturgici secondo il carattere del tempo o delle sacre funzioni. Nel rito romano ce ne sono cinque: il bianco, il rosso, il verde, il violetto e il nero. Il giallo e l’azzurro, che prima si potevano usare come colori particolari e in certi casi in vece di altri colori, furono dal Messale romano interamente e definitivamente aboliti; epperò anche la Congregazione dei Riti più volte dichiarò che ne è proibito l’uso1. Le regole per l’uso dei colori liturgici trovansi nel Messale e nel Rituale romano, aggiuntevi come dichiarazioni e complemento le decisioni della Congregazione dei Riti; e sono le seguenti.

Il tempo e le circostanze nei quali si devono usare paramenti di colore bianco sono le feste della SS. Trinità, di N. S. Gesù Cristo (eccettuate le feste in onore della sua Passione), del Corpus Domini; le feste della SS. Vergine, dei SS. Angeli, dei Santi Confessori, delle Sante (vergini e non vergini) non martiri; la festa della Natività di san Giovanni Battista, la festa principale di san Giovanni Evangelista, le feste di san Pietro in Vincoli, e della Cattedra di san Pietro, come pure della Conversione di san Paolo, di Ognissanti, il giorno della Dedicazione della Chiesa e il suo anniversario, il giorno della consacrazione di un altare, della
consacrazione del Papa, gli anniversari della elezione e incoronazione del Papa e della elezione e consacrazione del Vescovo, le Ottave e le Messe votive dei Santi e dei Misteri, alla cui festa compete il colore bianco; di più i giorni tra Pasqua e Pentecoste in cui non cade la festa di alcun Santo e la Messa degli sponsali. A
complemento delle prescrizioni del Messale, sono prescritti dal Rituale i paramenti bianchi per le funzioni del SS. Sacramento (processioni, benedizioni), nelle sepolture dei bambini battezzati morti prima dell’uso della ragione,
nell’amministrazione del Battesimo e del SS. Viatico, nella benedizione del matrimonio, come pure in tutte le benedizioni che non sono esorcismi o non abbiano un carattere simile. Nel dare la SS. Comunione in Chiesa fuori della s. Messa, il sacerdote può servirsi o di una stola bianca o di una stola del colore dell’uffizio del giorno2.

Sono prescritti i paramenti di colore rosso, nella vigilia, nella festa e nell’ottava di Pentecoste, nelle feste della Passione di N. S. e del Preziosissimo Sangue, dell’Invenzione e della Esaltazione della S. Croce, nelle feste e ottave degli Apostoli, eccetto alcune poche in cui è prescritto il colore bianco; nelle feste dei Santi Martiri (siano uomini o donne, vergini o non vergini), nella Messa per l’elezione del Papa, e nelle Messe votive dei Misteri o Santi alle cui feste compete il colore rosso. La festa dei SS. Innocenti ha il colore rosso se cade in domenica, se no il violetto; ma il giorno dell’ottava ha sempre il colore rosso.

Si devono usare paramenti verdi nelle domeniche e ferie tra le feste dell’Epifania e la Settuagesima, e tra la festa della SS. Trinità e l’Avvento, se in essi non cade alcuna festa. Però nei giorni delle tempora e nelle Vigilie con digiuno che cadono in quel tempo si deve usare il colore violetto e nelle domeniche che cadono in una ottava, il colore proprio dell’ottava3.

Devono usarsi paramenti violacei nelle domeniche e ferie di Avvento, e nel tempo tra la Settuagesima e Pasqua se si fa l’uffizio di esse (eccetto il Sabato Santo in cui per il canto dell’Exultet, la s. Messa e il resto del giorno è prescritto il colore bianco, come pure per la Messa e la consacrazione degli Olii santi al
Giovedì Santo); di più nelle tempora e vigilie con digiuno eccetto la vigilia e le tempora di Pentecoste, che hanno il colore rosso), nelle Messe delle Rogazioni, nelle Messe votive della Passione di N. S. e quelle che hanno carattere di penitenza o di supplicazione come la Messa «per qualunque necessità, per la remissione dei peccati, per i malati, per il tempo di guerra, per la pace, ecc.»; inoltre nella processione delle Rogazioni, per la benedizione delle Candele e la processione nel giorno della Purificazione, per la benedizione dei Fonti battesimali, nell’amministrazione dei Sacramenti della Penitenza e della Estrema unzione, negli esorcismi che precedono il battesimo e in generale in tutti gli esorcismi.

Il colore nero finalmente è prescritto nelle Messe dei Defunti, nella Messa dei Presantificati al Venerdì Santo, e nelle esequie di quelli che sono morti dopo l’uso della ragione.

2. Osservazioni intorno al canone dei colori. A chiarire e completare le regole precedenti aggiungeremo alcune osservazioni pratiche.

a) Il colore prescritto per un tempo o festa determinati è prescritto per la durata canonica (e non civile) di quel tempo o di quella festa. Quello che è stabilito per una funzione particolare si deve osservare tanto per quella funzione stessa, come anche per qualche altra che occorresse durante o immediatamente dopo quella; così nelle Messe votive e dei defunti la Comunione si deve dare con paramenti del colore della Messa, e non già del colore bianco o del tempo.

b) Alle prescrizioni del canone dei colori vanno soggetti la pianeta, la stola, il manipolo, il piviale, la calzatura e i guanti dei Vescovi, la dalmatica e la tunicella. Il cingolo e il conopeo ossia il velo del tabernacolo, dove c’è l’uso, possono essere del colore prescritto dal canone, ma non è necessario, ché possono anzi essere
sempre di colore bianco4. Neanche per il palliotto il colore del giorno non è del tutto necessario.

c) Nelle domeniche Gaudete (terza di Avvento) e Laetare (quarta di quaresima) secondo il Ceremoniale romano invece del colore violetto può usarsi il colore rosa5. Sotto il nome di color rosa di cui qui vi si parla non si deve tuttavia intendere un rosa puro, ma che si avvicina al violetto chiaro.

d) Il canone dei colori non determina nessuna sfumatura o tono di colore. Sono quindi permessi, per es., ogni specie di rosso, di verde, di violetto, tanto il violetto tendente al rosso, come il violetto azzurrognolo; tanto un puro e splendido verde, come un verde tendente al giallo; un rosso carminio come un rosso mattone; un bianco di neve o bianco di crema. Invece né stando al senso ordinario delle parole, né secondo la pratica della Chiesa, non si può far valere il verde per bianco neanche se per caso la sua vicinanza a un colore cupo, gli desse
un’apparenza di freschezza che ricordi il bianco; e così pure il color marrone non vale per violetto. Il definire che cosa si intenda per i colori compresi nel canone, che sia il colore ecclesiastico e che cosa si comprenda sotto ciascun colore o tono, non è cosa lasciata al gusto ed alla opinione di ognuno, ma si deve badare al senso ordinario delle parole come suonano nell’uso comune, ed alla pratica comune in uso sotto gli occhi della Chiesa, ed in ultima istanza, come a regola suprema, all’autorità superiore costituita per tutte le questioni che riguardano
il rito, cioè alla Congregazione dei Riti. I paramenti di stoffa d’oro possono usarsi invece dei rossi, verdi e bianchi, ma non in vece dei violetti o neri; i paramenti di stoffa di argento valgono per i paramenti bianchi6.

e) Non è richiesto che la stoffa dei paramenti sia di un solo colore; può essere di due, anzi di più colori, purché ve ne sia uno principale che predomini, e che questo sia annoverato tra i colori liturgici7. Ordinariamente il colore predominante è quello del fondo, e perciò da questo generalmente si determina il colore caratteristico della stoffa. Se però come può avvenire, il disegno predomina decisivamente, allora è evidente che il colore della stoffa dipende non dal fondo, ma dal disegno. E’ naturale che non si deve misurare il fondo e il disegno a decimetri e centimetri, ma con estimazione approssimativa.

E’ espressamente proibito di usare i paramenti sacri a due colori indifferentemente per l’uno o per l’altro8. Quindi non è lecito usare una pianeta
bianca a disegno rosso tanto per le feste che richiedono il colore bianco, come per quelle che richiedono il rosso. Ed è logico: imperocché o quel paramento ha un colore predominante e allora non può valere che per questo; o non ne ha
nessuno che predomini, e allora non avendo un colore caratteristico determinato, non può essere usato per nessuno dei colori che vi si trovano.

f) Il canone liturgico dei colori vale per i paramenti in quanto tali, non per le loro guarnizioni. Queste non determinano per niente il colore caratteristico del paramento; sono aggiunte e niente più; possono anche non mettersi, quello che non si può omettere è la stoffa del paramento. Né una qualche prescrizione o uso della Chiesa, né lo spirito del canone liturgico dei colori, richiedono che, come i paramenti, così anche le loro guarnizioni siano sottoposte alle regole ecclesiastiche dei colori. Sarebbe quindi ingiustificato il richiedere che su paramenti bianchi, verdi, rossi, ecc., si mettano solo guarnizioni bianche, verdi, rosse, ecc. E neanche non è necessario che le guarnizioni abbiano uno dei cinque colori liturgici; anzi niente si oppone a che il loro colore, il principale non sia liturgico.

g) Per i paramenti bianchi da usarsi nei giorni ordinari, che facilmente si insudiciano, i broccatelli di un leggero colore crema, o meglio ancora
operati in giallo, sono preferibili ai puramente bianchi. Invece per i paramenti rossi, violetti, verdi o neri, i broccatelli operati in giallo sono convenienti solo se
il disegno spicchi moderatamente, ché altrimenti urta la varietà dei colori.
Generalmente per quei paramenti sono opportunissime stoffe di un solo colore, siano stoffe lisce o damascate, o velluti operati o no, ma in cui spicchi bene saturo il colore.

h) Quale tinta si abbia da preferire nei paramenti se di colori puri o digradati o di mezze tinte, perché i nostri tempi di coltura tanto sviluppata non mostrano nessun gusto per i colori puri. Infatti attualmente prevalgono i colori digradati. Ma si può far quistione se questa avversione sia cosa sana, o non piuttosto, come
varie altre della nostra coltura, qualche cosa di malaticcio, se invece di essere un progresso, non sia anzi un passo indietro. Inoltre essa è senza dubbio un punto di moda, a cui, finché un’altra non ne sorga, uno si adatta per non venire sospettato di mancare di buon gusto, o perché si lascia pigliare a qualche bella frase o asserzione risoluta di questo o di quello promotore della moda. A chi obbiettasse che il medio evo aveva pure i suoi paramenti a colori digradati, gli si potrebbe prima di tutto rispondere che gli antichi paramenti, ancora esistenti,
quanto a colore poco ci possono servire di norma; perché appena più ce ne restano che non siano interamente sbiaditi, specialmente il rosso e il verde. Inoltre quell’obbiezione mostra la poca conoscenza della vivacità di colori
nel medio evo: se si usavano nei paramenti specialmente delle stoffe a mezza tinta, ciò avveniva perché non si avevano tanto facilmente a propria disposizione delle stoffe a colori puri; ché dove se ne avevano, erano usate tanto quanto le altre. Come la si pensasse nel medio evo in fatto di colori e quanto si amassero i colori vivaci e freschi, lo mostrano, per esempio, in modo molto sensibile le miniature francesi dei secoli XIII e XIV che notoriamente sono delle meglio fatte.

Se dobbiamo dare una regola generale per riguardo ai colori delle stoffe per paramenti, sia questa: si scelga la stoffa con riguardo alle circostanze particolari in cui il paramento avrà da servire, e si vegga nei singoli casi se sia più opportuno una stoffa a colori puri o digradati. Vale anche qui l’assioma che una stessa cosa non conviene in tutti i casi.

3. Storia del canone dei colori. Si è detto che nei tempi precostantiniani e fino anche nei precarolingi, il bianco fosse il solo colore liturgico che in tutto dominava. Ma a torto. Per ciò che riguarda i tempi precostantiniani, può darsi benissimo che il bianco fosse preferito per le vesti liturgiche – non si può nulla stabilire con certezza in questo – ma non si può dire per niente che il colore bianco in quell’epoca della Chiesa fosse il solo colore permesso nei vestiti liturgici, ossia il solo colore liturgico. Quanto alla seconda epoca, da Costantino ai Carolingi, il bianco era tanto poco il solo colore liturgico, che nei monumenti anche i migliori e i più sicuri, le pianete sono, quasi senza eccezione, colorate.

Una prima traccia di un colore liturgico ci si presenta nel sec. IX. Da un ordo romano di quel tempo e dallo scritto De divinis officiis dello Pseudo-Alcuino vediamo che nella processione della Purificazione e nelle cerimonie del Venerdì Santo si portavano allora paramenti neri; da quanto tempo non si sa: però
quell’uso può essere tanto antico quanto quelle funzioni. Inoltre sappiamo da un elenco delle vesti liturgiche usate a Roma, contenuto in una copia del sec. X, ma che già esisteva nel sec. IX, che il Papa nelle feste di Natale, di Pasqua e del Principe degli Apostoli e nell’anniversario della sua consacrazione si serviva
di una pianeta di colore diverso dal solito9.

Questi sono i principii, dai quali poi nel corso del sec. XII si sviluppò a Roma la regola attuale dei colori: verso il 1200 essa era già finita. Si è attribuito lo stabilimento del canone a Innocenzo III, ma a torto, Innocenzo III è certamente il primo che ci faccia conoscere il canone romano dei colori già compiuto; ma
basta leggere interamente e con un po’ di attenzione il suo lavoro, per subito capire che quel Papa non vuol descrivere ciò che egli stesso ha fatto, ma ciò che ha trovato già in uso nella Chiesa romana. Il canone dei colori che conosciamo da Innocenzo III non differisce dall’attuale se non in cose di poca importanza. Per le feste dell’Invenzione e dell’Esaltazione della S. Croce vi è notato accanto al
colore bianco anche il rosso, il bianco però vi è dato come più opportuno. Per il tempo della Quaresima e dell’Avvento è indicato il colore nero, per la domenica Laetare il nero o meglio il violetto. Nella festa dei SS. Innocenti si portavano a Roma paramenti violacei, non neri o rossi come fuori di Roma. Al colore rosso è
considerato come affine lo scarlatto, al verde il giallo, e al nero il violetto. Fuori di Roma si usava invece il giallo per i SS. Confessori. Il colore azzurro manca interamente nel canone di Innocenzo III. Un canone romano del sec. XIV che trovasi nell’ordo di Giacomo da Gaeta, non ha più il giallo, e in quello che S.
Pio V inserì nel Messale romano, il violetto e il nero sono distinti come due colori indipendenti.

Il canone dei colori liturgici che si formò a Roma nel sec. XII è frutto di tempi in cui tanto dominava la tendenza a tutto simboleggiare. Venne fuori tutto intero da quel fondo di mistiche contemplazioni che trovavano o volevano trovare una certa parentela tra il carattere dei varii colori e il loro effetto sugli animi da una
parte, e tra il colorito spirituale delle varie feste della Chiesa e il loro particolare significato religioso dall’altra. Ma appunto per questo non fu solo a Roma che si formò un canone liturgico di colori: lo stesso anzi accadde nello stesso tempo anche fuori di Roma e spesso in modo indipendente dall’uso romano. Può
darsi anzi che il canone di Innocenzo non sia neanche il più antico, ma sia stato preceduto dal canone non ancora interamente compito della Chiesa del S. Sepolcro a Gerusalemme.

Circa lo sviluppo del canone dei colori sono molto istruttivi i canoni inglesi dei secoli XIII e XIV. Pare da essi che da principio solo le feste di carattere più marcato avessero un colore corrispondente alla loro significazione, o bianco o rosso o nero (oscuro): poiché dapprima questi erano i soli colori liturgici. Per
gli altri giorni il colore dei paramenti rimase ancora indeterminato; ma a poco a poco parve cosa più opportuna stabilire anche per essi colori particolari, e si presero quei colori che sembravano qualche cosa di mezzo tra il bianco, il roso e il nero, cioè il verde e il giallo, e in alcuni luoghi anche l’azzurro: e insieme si
aggiunse al colore nero, come affine, il violetto, specialmente per i giorni e le funzioni che avessero un carattere di penitenza meno pronunziato.

Delle regole liturgiche per i colori non si hanno del medio evo in troppo grande quantità: sono però in numero sufficiente da darci un’idea della grande varietà di colori che si usavano allora. Appena uno o due canoni che ne abbiano uno simile. Le regole liturgiche dei colori non sembrano avere avuto nel medio evo una forza strettamente obbligatoria: erano piuttosto usanze che leggi, e quindi
poco fisse, perché dipendevano molto dalle consuetudini e dal modo di vedere locali: e ancora verso il principio del sec. XVI vi erano delle Chiese che non avevano adottato il canone liturgico in generale o almeno in pratica non se ne davano pensiero, ma quasi senza tenere conto del colore, badavano anzitutto alla qualità del paramento. Anzi si diede anche il caso che nell’usare i paramenti si badasse non al Mistero o Santo di cui si faceva la festa, ma alla divisione dei giorni in doppi, semidoppi e feriali. Perfino in un inventario di Heilsberg del 1581 si trovano ancora delle indicazioni come queste: I pianeta di raso bruno, che si usa quando è rito doppio: item I pianeta bleu con fiori per le feste semidoppie: I pianeta rossa per tutti i giorni. Quanto poco fin anche nel basso medio evo qua e là si badasse al colore come norma per l’uso dei paramenti, lo mostra tra gli altri un inventario molto interessante di S. Michele di Zeitz (Sassonia) del 1541, che nota per le feste degli Apostoli due pianete verdi, due rosse, due azzurre e una bruna, per le ferie una bruna, una rossa e una nera.

Di grande importanza per la storia del canone dei colori nei tempi moderni, fu che S. Pio V inserì il canone romano tra le rubriche generali del Messale. Con ciò fu dato al canone una forza obbligatoria generale; poiché il Messale approvato da Pio V doveva introdursi dovunque non vi fosse un rito particolare che datasse già da 200 anni. Ci volle però molto tempo perché fosse ricevuto in Francia, dove la regola locale dei colori si conservò in parte fino verso la metà del sec. XIX; laddove fuori di Francia, l’uso romano era accettato dappertutto subito dopo il principio del sec. XVII, anche nel rito mozarabico. Ai giorni nostri
solo il rito Ambrosiano ha ancora un canone suo particolare di colori.

La diversità di uso riguardo al canone dei colori era anticamente, come già dicemmo, estremamente grande. Le sole feste in cui ci fosse perfetta conformità erano oltre alle feste delle Sante Vergini in cui si usava il colore bianco, la festa di Pentecoste e quelle dei Santi Martiri come pure delle Martiri non Vergini, che avevano dappertutto il colore rosso, mentre nelle feste delle Vergini Martiri, si usava ora il bianco ora il rosso. C’era anche quasi intera conformità per le feste di Pasqua, dell’Ascensione e quelle della Madre di Dio. Solo isolatamente si vedono il rosso e il verde per Pasqua, il verde per l’Ascensione, l’azzurro e il rosso per le feste della Madonna. Per il Natale predomina il bianco: ma vi era anche la consuetudine di usare tre colori diversi per le tre Messe, così a Ellwangen (il bianco, il rosso, il violetto), a Lione (violetto, bianco, rosso); ad Evesham (Inghilterra) nella Messa solenne si usava perfino una pianeta
nera. In qualche luogo vi era l’uso particolare di servirsi durante la Quaresima oltreché del violetto e del nero anche del bianco: così specialmente in Germania; mentre in Francia si adoperavano in quello stesso tempo volentieri paramenti colore cenere oscuro. Per la festa della SS. Trinità ci era molta varietà di colori:
qui il bianco, lì il giallo, il bleu, altrove il violetto, il verde o il rosso, quasi tutta la scala dei colori. Nelle feste dei SS. Confessori si usava, sebbene solo isolatamente, perfino il nero; nelle feste delle Sante non vergini né martiri più specialmente il violetto, però anche il bianco, il rosso, il verde, ecc.

E’ istruttivo il confronto tra il canone romano con quello di Ellwangen del 1574:
quest’ultimo ammette sette colori: il bianco, il rosso, il verde, il giallo, il violetto, il nero e il cenerognolo.

Si adoperavano paramenti bianchi nel tempo pasquale non eccettuate la festa di S. Marco e la processione delle Rogazioni, nel giorno dell’Ascensione, del Corpus Domini, nelle feste di Maria Santissima e delle Sante Vergini, nella prima Messa di Natale, nella benedizione dei Fonti battesimali, nella Messa del Sabato Santo e nella vigilia di Pentecoste.

Si usava il colore rosso nella seconda Messa di Natale, nelle feste degli Apostoli, dei Martiri, dei SS. Innocenti, nel tempo della Passione compreso il Giovedì Santo, a Pentecoste, e quello che è degno di nota, anche nel giorno della Visitazione di Maria SS., per riguardo a quello che dice il S. Vangelo che S.
Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo nell’incontro con Maria Santissima.

I paramenti verdi servivano nella benedizione del Cero Pasquale, nelle feste dei Santi Confessori, come pure delle Santi non vergini né martiri, eccetto quelle di S. Anna e di S. Elisabetta di Turingia che avevano il colore violetto.

I paramenti violacei erano prescritti per i primi Vespri e la terza Messa di Natale, nella domenica e nelle ferie nell’ottava di Natale e tra l’ottava dell’Epifania e la Settuagesima. I paramenti neri si dovevano usare nell’Avvento, nel tempo tra la Settuagesima e la domenica di Passione, per tutte le vigilie con digiuno, per le profezie al Sabato Santo e alla vigilia di Pentecoste, nelle processioni del lunedì, mercoledì e venerdì di Quaresima e nelle funzioni per i defunti.

I paramenti di colore cenere erano riservati al mercoledì delle Ceneri. Per le domeniche dopo Pentecoste non è indicato il colore dei paramenti; se però al mercoledì e al venerdì si ripeteva l’ufficio della domenica, si dovevano usare i paramenti neri.

4. Il canone liturgico dei colori ed i colori delle vesti sacre dell’Antico Testamento. Si è detto da taluni che i colori liturgici si siano introdotti sull’esempio dei colori delle vesti sacre dell’Antico Testamento. Ma questo è da negare non solo per quello che sappiamo del graduale sviluppo del canone liturgico dei colori, ma anche per la profonda differenza che corre tra quelli e i colori delle vesti sacre nel culto mosaico. Quelli tra colori principali e affini mostrano intera la scala dei colori, questi si limitano al bianco, allo scarlatto e a
due specie di color porpora. Di più quelli devono estendersi a tutte le parti del paramento sottoposte alla regola dei colori, invece nel rito mosaico alcuni dei vestiti non hanno che un solo dei quattro colori, altri invece due od anche tutti e quattro. Finalmente quelli fin da principio si cambiarono secondo i tempi e le
circostanze, nel rito mosaico invece erano gli stessi per tutti i giorni, tranne il giorno del gran perdono in cui non si dovevano mettere che vestiti bianchi. Non è dunque una rimembranza dei colori del vestimento del culto mosaico che ha originato i nostri colori liturgici: ciò che li ha fatti adottare fu, come già dicemmo, la tendenza ad esprimere anche col colore dei paramenti il carattere e il senso delle solennità.

5. Simbolismo dei colori. Il significato simbolico che a Roma verso il 1200 fu annesso ai colori liturgici e che ivi e altrove servì di norma per fissare quegli stessi colori, fu ampiamente esposto da Innocenzo III. La sua esposizione per la semplicità fa un gradevole contrasto colle spiegazioni troppo esagerate e poco obbiettive che si trovano ora non solo in libri di divozione, ma anche in quelli di liturgia; ci indica per conseguenza qual sia il miglior modo di spiegare al popolo i colori liturgici per guidarlo a capire la loro significazione e il loro uso nelle singole feste.

Secondo Innocenzo III il colore bianco nelle feste dei Santi Confessori e delle Vergini è simbolo di integrità e di purezza: egli si appoggia sulle parole della S. Scrittura: Nam candidi facti sunt Nazareni eius (cioè i Confessori)10 e: Ambulabant semper cum eo in albis: virgines enim sunt et seguuntur agnum quocumque ierit11. Il bianco è pure simbolo di purezza da ogni macchia nelle feste dei SS. Angeli, della Natività di S. Giovanni Battista e specialmente nella festa della Natività di G. Cristo. Nella festa dell’Epifania, il bianco è simbolo della stella brillante che condusse i Re Magi al presepio, e nella festa della Purificazione è insieme simbolo della purezza di Maria SS., di Gesù Cristo, come luce che illumina i pagani e della esaltazione del popolo di Israele. Nel Giovedì Santo si usa il colore bianco, secondo Innocenzo III tanto per ragione della consacrazione del sacro crisma che ha per iscopo la purificazione e santificazione delle anime, come anche per la lavanda dei piedi, di cui parla il Vangelo del giorno e che è una raccomandazione di curare la purezza dell’anima. A Pasqua i paramenti bianchi ricordano i messaggeri di allegrezza della Risurrezione, gli Angeli in bianche vesti, i quali diedero alle pie donne la lieta notizia che il Salvatore era risorto; nel giorno dell’Ascensione ricordano le bianche nubi sulle quali il Salvatore fu levato in Cielo e insieme i due Angeli che consolarono i radunati sul Monte degli Ulivi della partenza del Salvatore; nella
festa della Dedicazione della Chiesa ci dicono che la Chiesa è la sposa immacolata di Cristo; nella festa di Ognissanti parlano della gloria e della beatitudine degli Eletti, che S. Giovanni nell’Apocalisse vide stare dinanzi al trono dell’Agnello in bianche vesti, e portanti palme nelle mani.

Il colore rosso, secondo Innocenzo III, nelle feste degli Apostoli e dei Martiri significa che essi sparsero il loro sangue per Cristo; nelle feste della Invenzione e della Esaltazione della S. Croce ricordano il Sangue preziosissimo di G. C. versò per noi sulla Croce; nel giorno della Pentecoste è simbolo delle lingue di fuoco, nella qual forma lo Spirito Santo discese sopra gli Apostoli; nelle feste delle Vergini martiri significa la perfetta carità che le spinse a dar la vita per Cristo, e che supera in valore e dignità la stessa verginità.

La ragione per cui è assegnato il colore nero al tempo dell’Avvento e tra la Settuagesima e Pasqua è secondo Innocenzo che esso esprime lo spirito di penitenza, di espiazione, di dolore, proprio di quel tempo. Anche nelle funzioni per i defunti e dove si usano i paramenti neri per la festa dei SS. Innocenti, il nero è simbolo di dolore.

Sull’uso del colore violetto, Innocenzo III non dà spiegazione mistica, ma si contenta di indicarlo come colore affine al nero ad esso sostituito. Durando indica come ragione per cui in certi giorni (accennati di sopra) si usa il violetto la circostanza che esso appare colore smorto e simile a quello dell’ecchimosi. Dell’umile violetta non c’è verbo neanche nel basso medio evo a proposito dei paramenti violacei: è questa una spiegazione dei tempi nostri, e veramente poco felice, ché il violetto non significava per nulla l’umiltà, neanche dove erano anticamente in uso nelle feste dei Confessori e delle Sante né vergini né martiri; fu piuttosto in ogni tempo simbolo di penitenza, di afflizione, di espiazione, di
rassegnazione. E’ molto istruttivo per la storia dell’origine del canone dei colori il modo con cui Innocenzo tratta il colore verde. Del verde della speranza e di simili più o meno poetiche sposizioni, non c’è traccia alcuna. Si usa il verde, dice egli, quia viridis color medius est inter albedinem et nigredinem et ruborem. E vuol dire: vi sono giorni che non hanno un carattere così espresso che loro si convenga più il bianco, il rosso o il nero: si prende quindi un colore loro confacente, che quanto a significazione e tono sia qualche cosa di mezzo tra il
bianco, il rosso e il nero, cioè il verde. Questa spiegazione è un po’ meno poetica di quelle che si trovano attualmente tra i liturgisti, ma ci dà senza dubbio il motivo preciso per cui il verde fu annoverato tra i colori liturgici. Certamente si
può applicare anche al colore giallo ciò che Innocenzo dice del verde; però nota
egli stesso espressamente che veramente qua e là il giallo, si usava invece del verde come colore affine.

___________

1 Decr. auth., n. 2704, 2788, 3082, 3191, 3779.

2 Decr. auth., n. 2740.

3 E’ noto come la Bolla Divino afflatu del 1° nov. 1914 ha introdotto alcune modificazioni anche riguardo a questo punto. Cf. Rubric. Ad normam Bullae «Divino afflatu» tit. X, n. 4 (N. d. T.).

4 Decr. auth., n. 2194, 3035.

5 L. 2, c. 13, n. 11.

6 Decr. auth., n. 3145, 3149, 3646.

7 Decr. auth., n. 2769

8 Ibid., n. 2675, 2682, 2769.

9 Questo catalogo si trova nella biblioteca capitolare di S. Gallo. Avremo ancora più volte occasione di citarlo e per brevità lo chiameremo Catalogo di S. Gallo.

10 Treni. 4. 7.

11 Apoc. 3. 4; 14. 4

 

Cfr. G. Braun, I paramenti sacri loro uso storia e simbolismo, trad. it. G. Alliod, Torino, Marietti, 1914, pp. 38-46, riprodotto in «Una Voce Notiziario», 67-69 ns, 2018, pp. 14-16 (pp. 38-42) e ivi, 89-91, 2023, pp. 6-10 (pp. 42-46).

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6 agosto 2024 Trasfigurazione, titolare principale dell’Arcibasilica del Ss.mo Salvatore

Candor est lucis ætérnæ, spéculum sine mácula, et imágo bonitátis illíus.

 

6 Agosto ottavo delle Idi

Nell’Alma Urbe e nel suo Distretto

Martedì

Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, Titolare principale della Cattedrale di Roma

Doppio di prima classe con Ottava comune. Paramenti bianchi. Messa «Illuxérunt», si omette la commemorazione dei santi Sisto II Papa, Felicissimo e Agapito Martiri.

 

 

Die  Augusti

In  Transfiguratione  D.  N.  J.  C.

Tit. principal. Cathedr. Rom.

Duplex I classis cum  Octava  communi

Introitus                                                                                        Ps. 76, 19

ILluxérunt coruscatiónes tuæ orbi terræ : commóta est et contrémuit terra. Ps. 83, 2-3. Quam dilécta tabernácula tua, Dómine virtútum! concupíscit, et déficit ánima mea in átria Dómini. V). Glória Patri. Illuxérunt.

Oratio

DEus, qui fídei sacraménta in Unigéniti tui gloriósa Transfiguratióne patrum testimónio roborásti, et adoptiónem filiórum perféctam, voce delápsa in nube lúcida, mirabíliter præsignásti : concéde propítius; ut ipsíus Regis glóriæ nos coherédes effícias, et ejúsdem glóriæ tríbuas esse consórtes. Per eúndem Dóminum.

Léctio Epístolæ beáti Petri Apóstoli
II Petri 1, 16-19

CAríssimi : Non doctas fábulas secúti notam fécimus vobis Dómini nostri Jesu Christi virtútem et præséntiam : sed speculatores facti illíus magnitúdinis. Accípiens enim a Deo Patre honórem et glóriam, voce delápsa ad eum hujuscémodi a magnífica glória : Hic est Fílius meus diléctus, in quo mihi complácui, ipsum audíte. Et hanc vocem nos audívimus de cælo allátam, cum essémus cum ipso in monte sancto. Et habémus firmiórem prophéticum sermónem : cui bene fácitis attendéntes, quasi lucérnæ lucénti in caliginóso loco, donec dies elucéscat et lúcifer oriátur in córdibus vestris.

Graduale. Ps. 44, 3 et 2. Speciosus forma præ fíliis hóminum : diffúsa est grátia in lábiis tuis. V). Eructávit cor meum verbum bonum : dico ego ópera mea Regi.

Allelúja, allelúja. V). Sap. 7, 26. Candor est lucis ætérnæ, spéculum sine mácula, et imágo bonitátis illíus. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Matthaéum                Matth. 17, 1-9

IN illo tempóre : Assúmpsit Jesus Petrum, et Jacóbum, et Joánnem fratrem ejus, et duxit illos in montem excélsum seórsum : et transfigurátus est ante eos. Et resplénduit fácies ejus sicut sol : vestiménta autem ejus facta sunt alba sicut nix. Et ecce, apparuérunt illis Móyses et Elías cum eo loquéntes. Respóndens autem Petrus, dixit ad Jesum : Dómine, bonum est nos hic esse : si vis, faciámus hic tria tabernácula, tibi unum, Móysi unum et Elíæ unum. Adhuc eo loquénte, ecce, nubes lúcida obumbrávit eos. Et ecce vox de nube, dicens : Hic est Fílius meus diléctus, in quo mihi bene complácui : ipsum audíte. Et audiéntes discípuli, cecidérunt in fáciem suam, et timuérunt valde. Et accéssit Jesus, et tétigit eos, dixítque eis : Súrgite, et nolíte timére. Levántes autem óculos suos, néminem vidérunt nisi solum Jesum. Et descendéntibus illis de monte, præcépit eis Jesus, dicens : Némini dixéritis visiónem, donec Fílius hóminis a mórtuis resúrgat.

Credo.

Offertorium. Ps. 111, 3. Glória et divítiæ in domo ejus : et justítia ejus manet in saéculum saéculi, allelúja.

Secreta

OBláta, quaésumus, Dómine, múnera gloriósa Unigéniti tui Transfiguratióne sanctífica : nosque a peccatórum máculis, splendóribus ipsíus illustratiónis emúnda. Per eúndem Dóminum.

Præfatio de Nativitate.

PEr ómnia saécula sæculórum.
R). Amen.
V). Dóminus vobíscum.
R). Et cum spíritu tuo.
V). Sursum corda.
R). Habémus ad Dóminum.
V). Grátias agámus Dómino Deo nostro.
R). Dignum et justum est.

VEre dignum et justum est, æquum et salutáre : nos tibi semper, et ubíque grátias ágere : Dómine sancte, pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium, nova mentis nostræ óculis lux tuæ cla­ritátis infúlsit ut, dum visibíliter Deum cognósci­mus, per hunc in invisibílium amórem rapiámur. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Do­mina­tiónibus, cumque omni milítia cæléstis exércitus, hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes :

Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis.

Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Communio. Matth. 17, 9. Visiónem, quam vidístis, némini dixéritis, donec a mórtuis resúrgat Fílius hóminis.

Postcommunio

PRæsta, quaésumus, omnípotens Deus : ut sacrosáncta Fílii tui Transfiguratiónis mystéria, quæ sollémni celebrámus offício, purificáta mentis intelligéntia consequámur. Per eúndem Dómium.

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Una Voce Notiziario 92 ns (2024)

Bollettino trimestrale UNA VOCE Associazione per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana Gennaio-Marzo 2024 N. 92 Nuova Serie [222 dell’intera collezione].

INDICE

01. Christine Mohrmann, Il latino liturgico. Le sue origini e il suo carattere. Tre lezioni I, pp. 1-11
02. AI LETTORI, p. 2
03. Carlo Fabrizio Carli, Musica e architettura, pp. 11-13
04. In morte del Consocio Antonio Leopizzi, p. 14
05. CONOSCERE LA SACRA LITURGIA (n. 6)
06. Pietro Siffrin, Luisa Mortari, Piviale, pp. 14-16
07. VITA DELL’ASSOCIAZIONE (nn. 8-10)
08. Una Voce Italia, p. 16
09. Una Voce Lecce, p. 16
10. Una Voce Napoli, p. 16
11. CALENDARIO LITURGICO, pp. 17-19
12. IN MEMORIAM (n. 13)
13. Antonio Leopizzi, p. 19
14. Sommario, p. 20.

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Il card. Sandoval chiede a papa Francesco di non sopprimere la Messa tridentina

Il 6 luglio 2024 il card. Juan Sandoval Íñiguez, arcivescovo emerito di Guadalajara, ha scritto una lettera a Papa Francesco, inviata lunedì 8 luglio.

A fronte delle persistenti voci su una imminente restrizione globale della celebrazione della Messa tradizionale in latino, la Messa tridentina detta da quattro secoli il rito di san Pio V, il card. Sandoval ha esortato il Santo Padre affinché questo rito della Messa non sia soppresso né sospeso.

Varie associazioni cattoliche e piattaforme di notizie internet, tra cui Una Voce Messico, hanno invitato personalità di tutto il mondo ad aderire alla petizione lanciata dal card. Sandoval.

Il testo della lettera inviata dal card. Sandoval in traduzione italiana:

 

AL SANTO PADRE FRANCESCO,
VESCOVO DI ROMA E PASTORE
DELLA CHIESA UNIVERSALE.

Papa Francesco, corrono voci che si vuole vietare definitivamente la Messa latina di san Pio V.

La Cena del Signore, che Egli ci ha comandato di celebrare in Sua memoria, è stata celebrata nel corso della storia con diversi riti e linguaggi, mantenendo sempre ciò che è essenziale: celebrare la morte di Cristo e partecipare alla Mensa del Pane della vita eterna.

Anche al giorno d’oggi la Cena del Signore è celebrata in diversi riti e lingue, dentro e fuori la Chiesa cattolica.

Non può essere un male ciò che la Chiesa celebra da quattro secoli, la Messa di san Pio V in latino, con una liturgia ricca, pia e che invita per sé stessa a penetrare nel Mistero di Dio.

Varie persone e gruppi, cattolici e non cattolici, hanno espresso il desiderio che essa non sia soppressa, ma che sia conservata per la ricchezza della sua liturgia e in latino, il quale, insieme con il greco, è la matrice della cultura, non solo dell’Occidente, ma anche degli altri luoghi.

Papa Francesco, non permettere che ciò accada. Tu sei anche custode della ricchezza storica, culturale e liturgica della Chiesa di Cristo.

Chiede la tua benedizione chi Ti stima e sempre si affida a Te.

Guadalajara, Jal., 6 luglio 2024,

+ JUAN CARD. SANDOVAL ÍÑIGUEZ
Arcivescovo emerito di Guadalajara.

 

Con il seguente appello è stata chiesta l’adesione alla lettera del card. Sandoval:

Lettera di adesione alla richiesta di Sua Eminenza il card. Juan Sandoval Íñiguez al Santo Padre di data 6 luglio 2024, riguardo alla celebrazione della santa Messa secondo il messale detto di San Pio V.

Noi sottoscritti, ispirandoci alla sopra riportata lettera del card. Juan Sandoval Íñiguez, arcivescovo emerito di Guadalajara, desideriamo fare a nostra volta la supplica, affinché il tesoro conosciuto come la Messa di san Pio V, per la sua ricchezza spirituale e storica, sia preservato e non limitato nella Chiesa.

Alcuni di noi firmatari partecipiamo alla Messa celebrata con il messale di san Pio V, altri andiamo alla messa di Paolo VI, ma siamo tutti uniti nel riconoscere il valore di questo patrimonio liturgico e culturale, e nel desiderio di concordia e unità nella Chiesa.

Modesto Aceves Ascencio, già direttore nazionale dei restauri, Messico.
Jesús Emmanuel Acha Martínez, cantante, Messico.
Humberto Jorge Aguilera Hernández, direttore generale di Noche Lírica Música Vocal, Messico.
Felípe Alanís Suarez, vicepresidente della Federazione Internazionale Una Voce, Messico.
Jaime Alcalde Silva, presidente dell’Associazione Liturgica Magnificat, Cile.
Andris Amolinš, presidente di Una Voce Lettonia.
Miguel Angel Yañez, direttore di Adelante La Fe, Spagna.
Esteban Arce, conduttore di notiziari radiotelevisivi nazionali, Messico.
Julio Ariza Irigoyen, presidente e fondatore del Grupo Intereconomía, La Gaceta, e Toro TV, Spagna.
Roberto Badillo Martínez, maggiore generale, Messico.
Teresa Banderas Aceves, Coro dello Stato di Jalisco, Messico.
Patrick Banken, presidente di Una Voce Francia.
Guadalupe Blanco Aceves, seise della Cattedrale Metropolitana di Guadalajara, Messico.
Alberto Buela, filosofo professore alla Sorbona, Francia.
Edgardo Juan Cruz Ramos, presidente di Una Voce Porto Rico.
Juan M Dabdoub Giacoman, presidente e fondatore del Consiglio Messicano della Famiglia.
Lord Daniel Moylan, politico cattolico, Regno Unito.
Simon DeLacre, regista, Argentina.
Luis Fernando Escobar Duque, presidente del Centro Cruzada Cultural, Colombia.
Edgar Fernandez Cerda, presidente di Una Voce Messico.
Rodrigo Fernández Diez, giurista, Messico.
Mamela Fiallo Flor, giornalista e keynote speaker internazionale, Ecuador.
James Gillick, pittore cattolico, Regno Unito.
Horacio Giusto, filosofo e keynote speaker internazionale, Argentina.
Michael Hichborn, presidente del Lepanto Institute, USA.
Jorge Issac Lozano, organista titolare della chiesa della Visitazione a Guadalajara, Messico.
Sir James MacMillan, compositore, Regno Unito.
Álvaro Leaño Espinoza, imprenditore, Messico.
Martha Leaño Espinoza, imprenditrice, Messico.
Elizabeth Lemme, calligrafa, Stati Uniti.
José María Lopez Valencia, direttore del Coro dello Stato di Jalisco, Messico.
Anuar Lopez Malgarejo, fondatore dell’Associazione Messicana Giuristi Cattolici.
Alfredo López García, direttore di Bendita Eucaristía Radio, Stati Uniti.
Fabio Marino, presidente di Una Voce Italia.
Nicolas Márquez, scrittore, Argentina.
Austreberto Martínez Villegas, storico, Messico.
Debra Matthew, direttrice musicale di San Mark’s Parish Episcopal Church of Guadalajara, Messico.
Luis Medina, giornalista, Stati Uniti.
María Eugenia Méndez Dávalos, già deputata locale di Michoacán, Messico.
César Moreno Aguirre, capo ingegnere industriale, Messico.
Arturo Navarro Leaño, imprenditore, Messico.
Javier Navascues Pérez, redattore di InfoCatólica, Spagna.
Manuel Ocampo, direttore e fondatore della Facoltà di Filosofia alla Universidad Panamericana, Messico.
Uchenna Okezie, presidente di Una Voce Nigeria.
Jack Oostveen, presidente di Ecclesia Dei Delft, Paesi Bassi.
Omar Alejandro Padilla López, direttore musicale alla St. Philip Catholic Church, Stati Uniti.
Ricardo Ramírez Carreño, decano della Faculty of Arts della St. Michael Archangel International University, Stati Uniti; direttore della Reale Accademia d’Arte, Santiago, Cile.
David Reid, presidente di Una Voce Canada.
Monika Rheinschmitt, presidente di Pro Missa Tridentina, Germania.
Cristián Rodrigo Iturralde, autore e keynote speaker internazionale, Argentina.
Juan Manuel Rodríguez González-Cordero, presidente di Una Voce Spagna.
Luis Román, fondatore del canale Conoce Ama y Vive tu Fe, Stati Uniti.
Walter Romero, direttore e fondatore di Metapedia, Brasile.
Ernesto Rubio, imprenditore, Messico.
Rodrigo Ruiz Velasco Barba, storico, SNI, Messico.
Miguel Salinas Chávez, direttore e fondatore della piattaforma di analisi internazionale BIIE, Messico.
Mouris Salloum George, presidente del Club dei Giornalisti del Messico.
Jorge Luis Santa Cruz, direttore di Periodismo sin Compromisos, Messico.
Matthew Schellhorn, pianista, Regno Unito
Joseph Shaw, presidente della Federazione Internazionale Una Voce, presidente di Latin Mass Society of England and Wales.
Juan Manuel Soaje Pinto, direttore e fondatore di TLV1 Channel, Buenos Aires, Argentina.
Jarosław Syrkiewicz, presidente di Una Voce Polonia.
Gwyneth Thompson-Briggs, artista, Stati Uniti.
Ricardo Valdés Ayón, diplomato in Canto gregoriano, Messico.
Luis Zapater Espi, già giudice, Spagna.

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14 luglio 1570 – 14 luglio 2024, 454 anni della Costituzione «Quo primum» di san Pio V

La costituzione apostolica Quo primum fu data da papa san Pio V in S. Pietro il 14 luglio 1570, fu poi promulgata il successivo 19 luglio con l’affissione alla Basilica di S. Pietro, alla Cancelleria Apostolica e in Campo dei Fiori.

Tali indicazioni sono riportate in calce al testo, rispettivamente:

Datum Romae apud S. Petrum, anno Incarnationis Dominicae millesimo quingentesimo septuagesimo, pridie Idus Iulii, Pontificatus Nostri anno quinto.

(Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 14 di Luglio, nell’anno mille cinquecento settanta, quinto del Nostro Pontificato.)

Anno a Nativitate Domini 1570, Indict. 13, die vero 19 mensis Iulii, Pontificatus sanctissimi in Christo Patris et D. N. Pii divina providentia Papae V anno eius quinto, retroscriptae litterae publicatae et affixae fuerunt ad valvas Basilicae Principis Apostolorum, ac Cancellariae Apostolicae, et in acie Campi Florae, ut moris est, per nos Ioannem Andream Rogerium et Philibertum Cappuis Cursores.

(Nell’anno 1570 dalla Natività del Signore, indizione 13, il giorno 19 del mese di luglio, quinto anno del Pontificato del Santissimo in Cristo Padre e Signore Nostro per Divina Provvidenza Papa Pio V, la lettera retroscritta fu pubblicata e affissa sulla porta della Basilica del Principe degli Apostoli e della Cancelleria Apostolica e in piazza di Campo dei Fiori, come d’uso, da noi Giovanni Andrea Rogerio e Filiberto Cappuis cursori.)

Riportiamo anche la nota chiusa del testo della Quo primum:

Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam Nostrae permissionis, statuti, ordinationis, mandati, praecepti, concessionis, indulti, declarationis, voluntatis, decreti et inhibitionis infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotentis Dei, ac beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se noverit incursurum.

(Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.)

 

 

 

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